La consapevolezza della
limitatezza delle risorse del nostro pianeta esige certamente un nuovo stile di
vita improntato alla morigeratezza che, a partire dai piccoli gesti quotidiani,
riduca gli impatti devastanti che la vita dell’uomo contemporaneo ha finora
avuto sul nostro pianeta.
Il concetto di spreco così si
amplia coinvolgendo abitudini a cui prima non facevamo caso e che adesso sono
indice di cattivi comportamenti, come l’eccessivo uso dei riscaldamenti nelle
case.
Alla luce di ciò, appare corretto
che l’esempio parta dalle pubbliche amministrazioni che nei suoi uffici ha
iniziato una rinnovata politica improntata al risparmio virtuoso che coinvolge
forzatamente i suoi dipendenti. Una sorta di nuova educazione civica che passa
dai luoghi di lavoro alle famiglie e quindi alle case di ciascuno. Per esempio,
già da anni il mio “datore di lavoro” ha pensato bene di sostituire l’obsoleto
ed antieconomico, sia in termini monetari che di rendimento, impianto di
riscaldamento a piastre radianti con un modernissimo condizionatore
centralizzato che consenta temperature corrette all’interno degli uffici sia in
estate che in inverno, un giusto grado di umidità, insomma un clima pulito sia
in termini di qualità dell’aria respirata che di impatti ambientali. Peccato
che il miliardario impianto sia stato realizzato con una centrale termica
sottodimensionata e mal ubicata, praticamente in modo da funzionare (???) al
suo peggio producendo soprattutto un ossessionante rumore, causa di denunce da
parte dei vicini con conseguante intervento della forza pubblica e diffide da
parte dell’organismo giudiziario.
Così l’impianto può essere acceso
a partire dalle 7,30 ed essendo ad acqua, e quindi, necessitando di un ampio
lasso di tempo per “entrare a regime”, comincia ad erogare uno zefiro tiepidino
in inverno e freschettino in estate intorno alle 11 – 11,30 che diviene appena
decente per quelle che sono le aspettative di un essere umano medio dalle
esigenze medie verso l’una, ovvero a un’ora dall’orario di chiusura. Se poi hai
la sventura di dover restare il pomeriggio, alle 15,00 l’impianto viene spento
e torni a casa alle 18 in
un bagno di sudore o, a seconda delle stagioni, “attronzato” come un sofficino.
Ah, dimenticavo. Ovviamente se
c’è troppo caldo o troppo freddo, per quel che quest’ultimo significa in una
città tropicale come Palermo, l’impianto non funziona, non “rende” o
addirittura va in surriscaldamento e bisogna ricorrere a condizionatori
portatili e ventilatori da apporre vicino al locale macchine per evitare il
peggio (macari Iddio!!!!). La constatazione di questa realtà ha portato di
contro la diffusione di condizionatori portatili e l’installazione di split
singoli nelle stanze della “gente che conta” (e non stò parlando di
ragionieri), obbligate dal loro ruolo alla giacca e cravatta e quindi
necessitanti di maggior confort. Certo non si comprende come queste personalità
siano, di contro, costrette alle maniche di camicia, a dispetto di ogni
formalità, in inverno, considerato il clima tropicale presente nelle loro
stanze. Nel frattempo il miliardario impianto continua a produrre solo il suo
simpatico rumore di sottofondo e la sua simpatica bolletta dell’ENEL (che
ringrazia) sul nostro groppone di contribuenti.
Di poche settimane fa è invece
una brillante iniziativa all’impronta del nuovo trend e quindi coerente con la
nuova pubblica amministrazione ecosostenibile.
Ad ogni piano del “mio ufficio”
(sono in tutto 14 più PT) sono presenti due bagni con antibagno. Quest’ultimo e
cieco, ovvero senza finestre, mentre il bagno vero e proprio è illuminato da
una finestra a vasistas con vetro satinato. In entrambi i locali è stato
piazzato un congegno modernissimo che accende automaticamente la luce e la
spegne dopo un certo tempo, mantenendola accesa esclusivamente in presenza di
movimento. Inoltre è dotato di un cosiddetto crepuscolare ovvero di una
fotocellula che “legge” il grado di illuminazione e permette l’accensione della
luce solamente in certe condizioni di buio. Questo naturalmente per evitare che
due – tre “vastasi” lascino regolarmente bagno ed antibagno con la luce accesa
dopo aver fatto i propri comodi. Il risultato è che ora ogni volta che entri in
bagno per un bisogno si accende la luce dell’antibagno anche se non necessita,
e finita l’operazione ed uscendo dal bagno, la luce di riaccende. E considerato
che la maggior parte degli uomini, ma mi risulta anche di molte donne
(purtroppo), usano uscire dal bagno senza lavare le mani ma facendo finta di
farle sgocciolare nel corridoio o passandosele con disinvoltura sulle cosce o
sui glutei, anche in questo caso l’accensione della luce è assolutamente
inutile.
Inoltre il crepuscolare è spesso
tarato male (e comunque l’infernale marchingegno è praticamente irrangiungibile)
cosicchè all’imbrunire di tocca fare la pipì ad orecchio, sperando di fare
centro. Ecco, questo è il bordo, la tazza, ah finalmente il centro sento
l’acqua, sempre che non sia partito prima dal pavimento, poi dalle scarpe. E se
per caso la luce si dovesse accendere, perché sono le venti e ti hanno chiuso
irrimediabilmente in ufficio e ti dovesse scappare il famigerato “atto grosso”,
dopo i primi sforzi, in assenza di rilevato movimento, vieni lasciato al buio,
in tutta la tua miseria. Vani sono i tentativi, una volta seduto, e chiaramente
impossibilitato a metterti in piedi da cause di “sforzo” maggiore, di
ripristinare la visibilità con gesti e sbracciate disperate perché il
rilevatore ti becca solo ad una certa altezza (quantomeno una piccola vendetta
su Brunetta). Insomma una faticaccia con esiti fantozziani ed il solito
risparmio intelligente.
L’unica speranza è che la
proverbiale pigrizia e sciatteria del cittadino italiano, e ancor più siculo,
costituisca una barriera a questa nuova politica “intelligente” di gestione di
sprechi e risorse, che accresce gli uni e distrugge le altre, e magari ci si
limiti, a casa propria, a chiudere il rubinetto mentre si lavano i denti o ad
evitare di stare in inverno con i riscaldamenti “sparati” e la maglietta a maniche
corte.