Arriva il super eroe “cattivo” e super umano. Ovvero vola al cinema anche tu (più veloce della luce)
di Davide
L’inizio della nuova stagione
cinematografica ha visto primeggiare ai botteghini (ma anche con buoni
risultati presso la critica) due films che hanno come protagonisti due super
eroi “cattivi”. Oddio, non proprio cattivissimi, ma pieni di difetti ,
certamente poco corretti politicamente e che spiccano, anche se in maniera
differente, per il loro lato oscuro.
Il primo, in piena estate, è il
Batman de “Il cavaliere oscuro” di Christopher Nolan. Questi, regista poco
allineato e commerciale, autore di films disturbanti come Memento, sua opera
seconda, e del più holliwoodiano Insomnia con uno stralunato Al Pacino, si era
già cimentato con la figura del super eroe in Batman Begins.
Qui riprende la visione legata
alla nuova tendenza dei comics americani dei supereroi, sia di quelli della DC
(Batman, Superman..) che di quelli della Marvel (Uomo Ragno, Fantastici 4,
etc..) che, passata la guerra fredda e caduto il muro di Berlino, hanno
abbandonato tematiche legate al dualismo buoni – cattivi o alla presenza di
nemici immanenti, per puntare l’interesse verso la personalità del super eroe
o, meglio, le personalità, il suo essere prima di tutto uomo (o donna). Forse
qualcosa del genere si era già vista, seppur in maniera più sempliciotta, nelle
storie originali dello sfigato uomo ragno, sempre preso da problemi economici e
la complicata gestione dei rapporti con la zia anziana e vedova e con il
bisbetico capo ufficio. Non a caso proprio lo Spiderman di Raimi ha inaugurato
il nuovo trend cinematografico, seguito a ruota proprio del Batman di Nolan. La
versione precedente di Tim Burton infatti aveva aperto la strada a forme
espressive legate al cinema – fumetto più originali e dark, ma in questo caso
il mondo che circondava le gesta dell’eroe erano il pretesto per manifestare lo
stile grottesco e barocco e l’humor del regista tra i più originali della
cinematografia contemporanea (Beetlejuice per su tutti). Da lì infatti alla
trasposizione del linguaggio dei comics moderni al cinema il passo è stato
breve, quasi fisiologico.
E il caposcuola delle cosidette
graphic novels statunitensi è proprio il Frank Miller della saga di Dark Knight
(titolo originale del film di Nolan) il cui primo volume, appunto Dark Knight
Returns del 1986, è a tutt’oggi considerato uno dei maggiori capolavori del
fumetto moderno. Le sue storie ed il suo stile grafico hanno ispirato e sono a
tutt’oggi presenti in molti dei maggiori disegnatori e fumettisti
d’oltreoceano, da Alan Moore a David Mc Keane, sempre cimentatisi con il
personaggio di Batman. La sua serie più famosa, Sin City è già divenuto un film
di culto, con un seguito in lavorazione, così come la sua fatica più recente,
300.
Attraverso le sue storie è
arrivato sulle pellicole anche il suo personalissimo linguaggio fatto di un
black and white molto suggestivo ed
evocativo di atmosfere gotiche, con cui disegna personaggi dalla figura
distorta parte di un mondo che manifesta nella sua esteriorità la propria
brutalità e quindi bruttezza.
Il Batman di Nolan, che invece
presenta un impianto di immagini tradizionale esaltato dalla scura fotografia
che riproduce una città dominata dal buio e da inquietanti ombre, è certamente
figlio dei fumetti di Miller per quanto riguarda la storia, le atmosfere, la
cupa violenza che serpeggia per tutto il film. Qui Batman è un eroe che è
costretto a piegarsi alla logica della violenza e, alla fine, dell’illegalità,
passando sopra ai diritti e ai buoni valori. Joker, un Hearth Ledger nella sua
ultima apparizione dalla grande credibilità e forza espressiva, lo addita quale
mostro in un mondo di mostri, il più diverso nella sua singolare diversità,
violento a difesa della non violenza. E Batman alla fine accetta il suo
destino, abbraccia amaramente il suo ruolo, salvando la figura del procuratore
distrettuale, eroe positivo, buono senza macchia e senza paura, del cavaliere
luminoso che squarcia le tenebre della società violenta e criminale,
sostituendosi a lui nelle malefatte, attribuendosele, relegandosi a braccio
nascosto della legge, all’essere, appunto, il cavaliere oscuro.
L’altro film, di uscita nelle
sale più recente e, in verità, da porre su un piano di qualità cinematografica
certamente diverso, è Hancock, storia di un supereroe burbero, asociale ed
alcolizzato, ma soprattutto totalmente inadeguato al suo ruolo, il cui
intervento per risolvere un problema ne determina altri dieci, insomma una
presenza imbarazzante per l’intera città che paga pesantemente, anche in
termini economici, ogni suo pasticcio. Arresta dei malviventi ma ne inforca
l’auto sul pennone di un grattacielo, salva una balena piaggiata lanciandola in
mare aperto ma centra in pieno una barca a vela, vola rapidissimo ma ad ogni
atterraggio distrugge il manto stradale. Hancock, il supereroe, nero di
carattere ma anche di pelle, è interpretato da Will Smith, il re Mida dei
botteghini, credibile nei panni del rapper, del Man in Black, come dell’allucinato
sopravvissuto di I am a Legend, così come in parti meno “leggere”, dall’Alì di
Michael Mann al più datato Sei gradi di separazione. Il film vive soprattutto
della sua presenza, affiancato da una ottima Charlize Theron, ormai consolidata
nell’olimpo delle star holliwoodiane.
Durante il suo svolgimento la
storia poi diviene qualcos’altro, si passa dalla commedia, alla pura
fantascienza drammatico – sentimentale con lieto fine che accontenta tutti,
bambini compresi. Insomma un film per famiglie, con buone scene d’azione, il
cui assunto di partenza, appunto avere come protagonista un super eroe moderno
integrato, seppur in maniera traumatica, con la realtà che lo circonda, rende
credibile anche il susseguirsi di improvvisi colpi di scena compresa la
rivelazione delle sue origini, in cui ha un ruolo fondamentale la Theron, e del suo tallone
di Achille, una kriptonite a matrice sentimentale che vincola il suo triste
destino amoroso.
Dopo il terzo Spiderman di Raimi,
che sperimenta per la prima volta il suo lato oscuro, dopo il succitato Batman,
cavaliere nero e solitario, ed Hancock, supereroe, dalla spiccata miseria
umana, che rutta e beve come una spugna, il destino dei super eroi al cinema è
ormai segnato. Il vero super potere di questi eroi sarà d’ora in poi proprio il
loro essere super umani, fortemente coinvolti emotivamente nella loro
particolare contraddittoria condizione, alle prese con i problemi di tutti.
Inconsapevolmente forse ciascuno di noi è un po’ super eroe, alle prese con i
mostri cattivi della vita quotidiana,
lavoro, traffico, bollette da pagare, riunioni condominiali, spesa da
fare, figli da accompagnare a scuola ed in palestra, da aiutare per i compiti e
da curare da raffreddori ed influenze, e soprattutto il tempo, quelle 24 misere
ore dove far entrare tutto ciò, compreso magari un po’ di riposo. Sarebbe
meglio fare come Hancock, abbandonare giacche e tailleur, e cucirsi una tenuta
da super eroe, un qualcosa di riconoscibile, che ricordi e ci ricordi chi siamo
e certifichi la nostra condizione. Perché, diciamolo senza alcuna retorica, affrontare gli impegni di ogni
giorno lottando contro il traffico, la mancanza di posteggi, di servizi
pubblici adeguati, di una minima educazione stradale e relazionale, l’assenza
dei più elementari diritti, l’aria irrespirabile e la maleducazione imperante
di una città come Palermo, restando vivi alla fine della giornata, tra reflussi
gastrici e contrazioni muscolari da stress, è davvero da super eroi!!!!
Ecco il vero Eroe contemporaneo
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