Recensioni: Nella Valle di Elah
di Davide
Durante le
festività natalizie l’appuntamento con il cinema è ormai una tradizione
consolidata, da mettere assieme al panettone, ai vari cenoni e “pranzoni” e
alla messa notturna. Ovviamente il clima gioioso e spensierato laddove c’è o
laddove, purtroppo, lo si ricerca, porta a scelte di cui poi ci si potrebbe
pentire ovvero quella del cosiddetto “cinepanettone”. Nella migliore delle
ipotesi frizzi e lazzi con dejavù “cuore – amore” a ritmo brasileiro e la
gnocca di turno (Una moglie bellissima) o, in alternativa, zozzerie , rutti,
peti e “crassa” commedia degli equivoci con doppi sensi,…azzo a go – go e il
codazzo (toh, anche lui in rima con ..azzo) di gnocche di turno (Natale in
crociera). Insomma films
per famiglie (rovinate). In realtà la mia
è una critica ingiustificata e preconcetta in quanto bisognerebbe prima vederli
questi futuri capolavori della “commedia all’italiana” in attesa di recupero e
revisione della critica postera (spero per allora di essere morto), come spesso
sottolineano i Vanzina, speranzosi dopo il ritorno in auge dei films di Bombolo
(tze..tze..), Alvaro Vitali e Lino Banfi. Ma nella mia memoria è ancora troppo
vivo il ricordo dei precedenti “Vacanze di Natale” e soprattutto di “Natale a
Miami”, visto durante una serata lisergica estiva sul satellite (ma dai,
proviamo....così, per poterne parlare), con l’indimenticabile scena della
fellatio con pianta carnivora o della scorpacciata di palle (si…si testicoli
umani) scambiate per polpette al sugo, del mitico duo Boldi – De Sica nella loro
ultima ed indimenticata performance prima della separazione per divergenze
artistiche (e dai su…non ridete..). Così, lasciata
la prole alla suocera, ho dirottato i miei interessi su uno dei tre films, in
verità assolutamente inadatti a famiglie (pure non rovinate) per scene e
contenuti, per cui forse vale la pena “investire” 15 euro. Abbandonati “La
promessa dell’assassino” di Cronenberg, i cui films nel bene e nel male valgono
sempre la pena di essere visti, forse per l’eccessiva crudezza ed il rischio di
una possibile cripticità dei messaggi proposti, probabilmente poco gradita alla
mia consorte, e “Leone per agnelli”, forse troppo teatrale e “parlato” anche se
nobilitato dalla presenza della impareggiabile Meril Striip, per la possibile
cadenza lenta poco consona alla mia ormai cronica tendenza all’abbiocco (sarà
il colesterolo…mah), la scelta è caduta su “Nella valle di Elah”. Le premesse
erano interessanti; un cast di tutto rispetto e pluripremiato , Tommi Lii Gions,
Siusen Sarandon, Ciarliz Teeron, e un film sostanzialmente targato Clint
Istvuud : il regista è il suo sceneggiatore fidato, Pol Agghis, tra parentesi
recente premio oscar per “Cresc” (toh...stesso titolo di un film di
Cronenberg), il protagonista un suo attore “amico”, Tommi Lii Gions, già visto
in molti suoi films, a partire dal poco “illuminato” Speis caubois e
addirittura vi recita in un piccolo cameo “scollacciato” la sua compagna Franses
Fiscer. Il film non delude le attese. Un padre, veterano del Vietnam (Lii Gions)
prima alla ricerca del figlio, anche lui soldato, scomparso di ritorno
dall’Iraq e poi alla caccia dei suoi assassini quando viene ritrovato
brutalmente ucciso, letteralmente fatto a pezzi, aiutato da una poliziotta (una
sempre più sorprendete Ciarliz Teeron) in cui arde il fuoco sacro e la voglia
di riscattarsi da una vita grigia e appesantita dal ruolo solitario di ragazza
madre. Il ritmo apparentemente lento è vivacizzato dal susseguirsi degli
avvenimenti che accompagnano lo spettatore al drammatico epilogo finale. Una amara
e, per certi versi sconvolgente, riflessione sulla guerra, sui suoi orrori e
come generatrice di mostri, ma senza moralismo ed autocompiacimento, un
approccio che ricorda molto uno dei miei films preferiti (a prescindere dal
genere) “Il cacciatore”. Il tema centrale è proprio questo, il dramma di chi la
guerra la vive, facendola, di come segna indelebilmente le coscienze e corrompe
la mente fino all’epilogo ineluttabile. Chi torna indietro non trova più
alternativa che continuare a viverla o ritornarci, la violenza è come un morbo
che trasforma anche gli affetti più cari e al padre Lii Gions non resta altro
che prenderne atto in una ultima e conclusiva, quanto inutile, richiesta di
aiuto per una intera nazione. Grandissime
interpretazioni di tutto il cast su cui, a mio avviso, svetta una esemplare Ciarliz
Teeron, testimonial glamour per cosmetici, trionfo dell’apparire, qui efficace
sguardo attonito e stravolto dal dramma e dalla violenza che, ferito (anche
materialmente atteso che recita quasi metà del film con il naso rotto ed il
volto tumefatto) dalla indifferenza del mondo che lo circonda cerca di reagire
trovando la sua consolazione nel fare al meglio il proprio ruolo rischiando in
proprio e mettendosi al servizio della giustizia. Insomma da vedere, per
riempire durante le feste la testa oltre alla panza (che però, intendiamoci, ci
vuole eccome…) e magari tornare a casa e “sparasi” con tutta la famiglia un bel
“cinepanettone” in DVD taroccato o abilmente “scaricato”, spazzolando i resti
della due giorni alimentare in ciabatte, vestaglione di flanella e…rutto
libero.
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