Diamo il Nobel a Benigni!
di Marcello Basso
Non so se avete visto giovedì scorso la bellissima trasmissione di Benigni in televisione dedicata al V Canto dell’Inferno.
Io, insieme a più di 10 milioni di italiani, ho sintonizzato alle 20.45 in punto il mio televisore su RAI Uno, convinto di assistere ad uno show del popolare comico toscano incentrato prevalentemente sulla sua solita (peraltro godibilissima) verve satirica, con una parentesi finale dedicata al Sommo Poeta.
In effetti la prima ora di trasmissione è stata dedicata proprio alle “classiche” considerazioni (in larga parte condivisibili) sulla “pochezza” dei nostri politici, sul partito “inventato” da Berlusconi, sulle marachelle di Mastella e compagnia bella ... (fa anche rima!), insomma il “solito” Benigni”.
La parte migliore, invece, è venuta dopo, e mi riferisco ovviamente alle quasi due ore (senza la minima pausa pubblicitaria!) dedicate a Dante e alla sua Divina Commedia.
Ho letto che qualche studioso “dantista” (credo si dica così) ha storto un po’ il naso nell’ascoltare l’appassionata, profonda, se vogliamo anche “popolare”, ma non per questo meno dotta, “spiegazione” dei versi del canto di Paolo e Francesca”: tale atteggiamento è probabilmente attribuibile ad una buona dose di malcelata invidia per chi, con grande naturalezza e con sincera passione, è riuscito a catalizzare l’attenzione di milioni di italiani, (i più, probabilmente, all’asciutto o quasi di Dante) su un capolavoro assoluto della letteratura d’ogni tempo.
In effetti può dare un po’ fastidio vedere ignorata (o quasi) la propria “meritoria” dotta attività di studioso della letteratura, magari racchiusa in ponderosi tomi di centinaia di pagine che in pochi hanno letto, e accorgersi che, quasi all’improvviso (in realtà sono diversi anni che Benigni vi si dedica, ma forse i nostri letterati, tranne qualche illuminata eccezione, non se n’erano accorti), un “comico qualunque” spunta sul teleschermo e blocca sulla poltrona mezza nazione, affascinando col suo profondo, appassionato, sincero amore per questa immortale opera letteraria, che a distanza di più di 700 anni, continua a sorprendere e soprattutto a commuovere.
Ma Roberto Benigni non è un “comico qualsiasi”, anzi nella sua veste di “lettore” di Dante non è neanche “un comico”: a mio modestissimo avviso è proprio un grande letterato (oltre che un grande attore).
Lo si è accusato (i critici di cui si parlava prima) di essere solo un “divulgatore”; uno che poco o nulla aggiunge all’opera letteraria che cerca di divulgare ma, a parte il fatto che il semplice fatto di rendere accessibile “al popolo” una opera d’arte (in questo caso letteraria) non mi pare proprio una cosa di poco conto, penso, al contrario, che quello che Benigni riesce a fare utilizzando il mezzo televisivo, va ben oltre la semplice (si fa per dire) attività di divulgazione.
Il nostro toscanaccio dà un qualcosa (molto) in più: aggiunge il suo talento, la sua passione e, perché no, la sua grande conoscenza di Dante per ... non vorrei apparire blasfemo, “migliorare”, se ciò fosse possibile, la Divina Commedia.
Insomma Benigni ci mette del suo, e riesce, a mio modo di vedere, a rendere attuale, viva, bellissima questa opera d’arte immensa, che diventa ancora più immensa quando è resa comprensibile a tutti.
Per farla breve: se hanno (giustamente) dato il Nobel per la letteratura a Dario Fo per le sue opere teatrali ma, forse, soprattutto per le sue doti di attore, perché, a maggior ragione, non deve essere possibile darlo a chi, come Benigni, riesce a rendere accessibile, comprensibile, forse anche più bella, un opera letteraria? A chi insomma, in una sola parola (anzi due ...), riesce a "fare amare" ad un popolo intero la Divina Commedia ?
Si accettano critiche.
Roberto Benigni legge Dante
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