Wislawa Szymborska a Palermo - dalla nostra inviata.....
di Daniela Vaccaro
Un premio Nobel a Palermo varrebbe comunque la pena andarlo ad ascoltare. È un po' come quegli eventi che si verificano una volta ogni 150 anni, il passaggio di una cometa o un'eclissi di sole. Se poi il premio Nobel in questione scrive versi come “Sono entrambi convinti/che un sentimento improvviso li unì./. È bella una tale certezza/ma l'incertezza è più bella.” oppure “Busso alla porta della pietra./ - Sono io, fammi entrare./ Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,/mai viste, belle invano,” vale persino la pena di organizzarti per tempo, di spostare lavoro ed impegni, di far squillare il promemoria del telefonino. Arrivo mezz'ora prima, in tempo per accorgermi che l'organizzazione dell'Università, anche in eventi come questi, è sempre la stessa. Appena prima dell'incontro con Wislawa Szymborska è in programma una conferenza sulle orazioni di Cicerone, che naturalmente sfora rispetto all'orario previsto. Invitiamo un premio Nobel e lo facciamo aspettare. Wislawa Szymborska ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1996, eppure quando – Cicerone permettendo – comincia a parlare, si dice emozionata di parlare nell’aula magna di una università, poiché non possiede alcun titolo di studio. A volte le arrivano delle lettere indirizzate ad una tal professoressa Szymborska – dice – e lei si chiede chi sia. Nel discorso tenuto in occasione del conferimento del premio Nobel aveva detto del resto che non esistono professori di poesia, che il “titolo” di poeta si porta sempre con un certo imbarazzo. Ascolta gli studenti che leggono le sue poesie, ne legge lei stessa qualcuna, e il miracolo della poesia sta nel suono della sua lingua incomprensibile che ti tocca il cuore. La poesia andrebbe letta sempre nella sua lingua originale, anche quando questa lingua non la si conosce. Nel suono sta l’essenza. Chissà se Teresa e Lucia – le mie due ex alunne che hanno assistito all’evento – si ricordano di quante volte ho loro ripetuto di abbandonarsi al suono. Chissà se Teresa ricorda l’esperimento fatto in classe con una poesia di Brecht, data in pasto senza il paracadute della traduzione, eppure compresa, nel suo nocciolo duro. Della poesia della Szymborska arriva dentro la formidabile semplicità, dietro alla quale si coglie tutta la difficoltà che deve esserle costata. Per la sua poesia vale quanto lei dice della cipolla: “La cipolla è un’altra cosa. /Interiora non ne ha. /Completamente cipolla /fino alla cipollità.” E questo risultato di semplicità le riesce grazie all’ironia che le balena negli occhi, anche mentre mi sfiora la mano, con un gesto soave, prima di firmare in fondo alla mia poesia preferita, “Amore a prima vista”: “Ogni inizio infatti/è solo un seguito/e il libro degli eventi è sempre aperto a metà.”
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