A SCUOLA DI ROCK 9 - VELVET UNDERGROUND
di Dario Cordovana
Il primo disco dei Velvet Underground lo hanno comprato in 30.000, ma ognuno di quei 30.000 ha finito per formare una band. Questa dichiarazione di Brian Eno, rimasta famosa, esprime come meglio non si potrebbe l’importanza di un gruppo che negli anni sessanta faceva storia a sé. Il primo nucleo dei Velvet Underground vede insieme a Lou Reed (chitarrista e principale compositore), John Cale (gallese e violista di estrazione classica) e Sterling Morrison (chitarrista e all’occorrenza bassista), anche il percussionista Angus MacLise, che però ben presto abbandonerà il gruppo (morirà nel 1979 in Nepal). A sostituirlo c’è una ragazza, Maureen Tucker, detta “Mo”, dotata di uno stile particolarissimo che favorisce i tom a discapito del rullante, dando al suono una componente quasi tribale. Siamo a New York e i Velvet non sono proprio un gruppo come gli altri. Il lato più oscuro della metropoli viene descritto nelle loro canzoni senza risparmiare niente; “Heroin” e “Waiting For The Man” si occupano di droga non proprio leggera, “Venus In Furs” parla addirittura di sado-masochismo con la figura della dominatrice che ordina “bacia gli stivaletti” e “assaggia la frusta”. C’è da stupirsi che un album contenente simili cose dovrà aspettare un anno per essere pubblicato? Quando finalmente nel 1967 questo avviene sono successe un po’ di cose: il gruppo ha attirato l’interesse dell’artista di avanguardia Andy Warhol, che ne diviene il produttore (pur lasciando massima libertà dal punto di vista musicale al gruppo) e aggiunge al gruppo una chanteuse altrettanto inquietante: Christa Paffgen, in arte Nico, modella e attrice tedesca dalla bellezza sconvolgente e che paradossalmente la penalizza (lei vorrebbe essere apprezzata per le sue qualità artistiche) nel disco canterà tre pezzi, tra i più significativi (“Femme Fatale”, “All Tomorrow’s Parties” e “I’ll Be Your Mirror”), ma la sua permanenza nel gruppo sarà di breve durata. Reed e compagni non vedono di buon occhio che i riflettori si spostino su di lei e la “collaborazione” dopo il disco “The Velvet Underground & Nico” si interrompe. Frattanto il disco esce e per copertina contiene una genialata di Warhol sotto forma di banana sbucciabile (nella prima stampa, adesso è praticamente impossibile trovarla). Un’opera d’arte che contiene un’opera d’arte, insomma. Come detto il disco vende pochissimo ma i Velvet già l’anno successivo fanno il bis con “White Light/White Heat” (del cui pezzo omonimo farà la cover David Bowie qualche anno dopo). A questo punto anche il rapporto con Andy Warhol si è già interrotto e ci sono frizioni anche all’interno del gruppo tra Reed e Cale. Quest’ultimo vorrebbe portare il gruppo maggiormente verso la sperimentazione, ma Lou Reed ha altri piani e John Cale “esce” dai Velvet. Al suo posto entra il chitarrista Doug Yule, dotato di minore personalità. La produzione che seguirà (il terzo album “The Velvet Underground”, il quarto “Loaded” e tutta una serie di brani registrati ma pubblicati molti anni dopo lo scioglimento) sarà caratterizzata da un suono meno rude e abrasivo e più “dolce”, quasi vicino alle ballate folk, almeno in certi casi. Nell’agosto 1970, con il gruppo ancora a lottare per ricevere il successo meritato, Lou Reed decide di lasciare la baracca che rimane a tutti gli effetti in mano a Doug Yule, che anzi, con Sterling Morrison che abbandona la musica per insegnare e Mo Tucker che resisterà fino al 1971, si troverà alla fine a dover presentare una nuova edizione dei Velvet Underground, quella che alla fine riuscirà a pubblicare nel 1973 l’album “Squeeze”. Un album nemmeno brutto, bisogna dire, ma che dei Velvet conserva solo il nome e viene perciò massacrato dalla critica. Qui finisce la storia dei Velvet Underground. Già da tempo Lou Reed e prima ancora Nico e John Cale hanno iniziato una proficua carriera solista in cui figurano anche alcune collaborazioni tra di loro. In particolare Reed e Cale si ritroveranno insieme per registrare l’album “Songs For Drella”, all’indomani della scomparsa di Andy Warhol e negli anni novanta ci sarà tempo per una reunion dei Velvet in formazione classica, con una serie di concerti (in Italia faranno da spalla agli U2!) che verranno testimoniati da un buon album live (presente anche un pezzo nuovo, “Coyote”). Poi la solita diversità di vedute e la scomparsa di Sterling Morrison metteranno a metà anni novanta la definitiva parola fine alla vicenda di un gruppo per il quale l’aggettivo “mitico” è veramente ben speso…
3 dischi da avere: The Velvet Underground & Nico, White Light/White Heat, The Velvet Underground.
Un disco da evitare: Squeeze.
FEMME FATALE (Velvet Underground)
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