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5 febbraio 2014

A SCUOLA DI ROCK 10 - LED ZEPPELIN

di Dario Cordovana



Tutto comincia quando Jimmy Page, noto chitarrista sessionman, entra a far parte degli Yardbirds per affiancare un Jeff Beck con la testa altrove. La formazione con due chitarristi dura molto poco e  Page si trova a gestire l'ultima parte della storia del glorioso gruppo inglese.
A un certo punto, con la band che si disintegra, Jimmy si ritrova da solo e con una tournèè in Scandinavia già programmata da onorare. Riesce a radunare in breve John Paul Jones al basso, John Bonham alla batteria e Robert Plant alla voce. Il gruppo, ribattezzatosi Led Zeppelin si mette sotto le amorevoli cure del poderoso energumeno manager Peter Grant, un tipetto dalle modeste ambizioni. Una delle prime cose che fa è declinare l'invito di partecipare al mega-festival di Woodstock perchè i Led Zeppelin non devono essere confusi con altri gruppi, non devono essere uno dei tanti.
Firmato invece un contratto con la Atlantic, il primo album del dirigibile viene dato alle stampe mentre gli anni sessanta stanno per declinare. Evidenti i debiti nei confronti dei vecchi bluesmen, quello che emerge è il modo energico di trattare la materia. In effetti Bonham è un batterista che mena le pelli dei tamburi come pochi, John Paul Jones un bassista solido e inventivo, Jimmy Page può dare sfogo a tutta la sua creatività alla chitarra elettrica e Robert Plant è proprio il lead singer che ci voleva. Camicia aperta sul davanti, petto nudo in primo piano, capelli lunghi e ondulati: una vera icona del rock. E neanche la voce scherza, grinta e note acute a volontà.
Tutto questo potenziale viene poi alla luce in modo ancora più personale nel secondo album intitolato senza molta fantasia “Led Zeppelin II”. E' l'album di “Whole Lotta Love”, “Moby Dick” (con un assolo di batteria di Bonham che anticipa le tendenze della musica dei primi settanta, anche se siamo ancora nel 1969) e in fondo della nascita di quello che verrà chiamato “heavy metal”. Il pubblico risponde alla grande e i Led Zeppelin sono ormai tra i grandi del rock.
Per il terzo album (inutile dirlo: “Led Zeppelin III”) si inseriscono nella miscela del gruppo influenze folk, anche se poi “Immigrant Song” posta in apertura, soddisfa i fan più scatenati e “Since I've Been Lovin' You” ribadisce le ascendenze blues.
Il quarto album, che nessuno ha tuttora capito come si chiami (“Led Zeppelin”?, “Led Zeppelin IV”?, “Four Symbols”?...), è un riuscitissimo riassunto di quanto udito finora. L'heavy metal ok, ma anche il folk di “The Battle Of Evermore”, con ospite Sandy Denny, la cantante dei Fairport Convention, e la ballata che concentra tutti gli stili in un pezzo solo, la celebratissima “Stairway To Heaven”. Si può salire più in alto di così?
Dopo un paio d'anni molto intensi e pieni di successi artistici e di pubblico, il dirigibile rallenta e bisogna aspettare due anni e il 1973 per il nuovo “Houses Of The Holy” (cosa? Un titolo?). Disco un po' disuguale nei risultati, ma con alcuni capolavori assoluti, uno per tutti “The Rain Song”. Il pubblico continua a gradire anche se la critica, in parte, storce il naso.
Ma siamo in un periodo di grandi eccessi per il rock, nei tour succede di tutto ed è difficile mantenere i piedi per terra. Anche gli Zeppelin, con i soldi che arrivano a fiumi, perdono un po' la testa, e anche l'album successivo, che arriva solo nel 1975 è doppio. Si chiama “Physical Graffiti” e la creatività non sembra risentire del formato espanso. “Kashmir” è l'ennesimo classico assicurato alla posterità. E' però un periodo turbolento per il gruppo, Jimmy Page trova interesse nel satanismo e Robert Plant perde il figlioletto in un drammatico incidente. A questo punto con “Presence”, l'anno seguente, sembra che il gruppo voglia sparare gli ultimi colpi.
Passeranno infatti tre lunghi anni senza avere loro notizie (a quel tempo non era affatto normale). Poi a chiudere il decennio arriva “In Through The Out Door”, un album controverso, con la presenza dei synth a invadere un po' il campo delle chitarre. Tutto sommato, dopo tanto tempo, un ritorno non proprio all'altezza della loro fama, anche se è apprezzabile il tentativo di cercare nuove strade. Poi nel 1980 John Bonham viene trovato morto, vittima degli eccessi di una vita da rocker. Il gruppo decide subito di non continuare. L'alchimia tra i quattro subirebbe una grave alterazione con un sostituto. Nel 1982 esce un album di scarti, con l'appropriato titolo di “Coda”.
I tre sopravvissuti avranno modo di collaborare occasionalmente tra di loro o con altri artisti (di rilievo un paio di album registrati da Page e Plant sotto i loro cognomi), ma i Led Zeppelin si riuniranno in occasione del Live Aid di Bob Geldof nel 1985 e in un celebrato concerto allo 02 di North Greenwich a Londra nel 2007. In entrambi i casi con Jason Bonham (figlio di John) alla batteria. Da allora Robert Plant non ha mai voluto dar seguito a queste riunioni episodiche, mantenendo intatta la leggenda del dirigibile...


3 dischi da avere: Led Zeppelin II, Led Zeppelin (IV), Houses Of The Holy

1 disco da evitare: Coda


WHOLE LOTTA LOVE
(LED ZEPPELIN)

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