Sanremo 2015: ne valeva la pena?
di Dario Cordovana
Alla fine
del Festival, proprio prima della proclamazione del vincitore, le tre
assistenti di Carlo
Conti hanno dato il via alla beatificazione del conduttore
toscano, il quale, impassibile, ha lasciato fare. Certo che questo festival è
stato premiato molto dagli ascolti e se hanno fatto fare il bis (sempre
inferiore alle attese) a Gianni Morandi e Fabio Fazio, perché non dovrebbero
concedere un’altra chance a Carlo Conti?
E’ stata un’edizione fortunata negli ascolti, ma molto meno
dal punto di vista della riuscita artistica. Buona l’idea di aumentare a 20 il
numero dei campioni (si chiamano ancora così?), ma viene difficile credere che
il motivo sia stato non poter escludere pezzi come quello di Biggio e Mandelli
(tentativo malriuscito di sopperire all’assenza di Elio e le Storie Tese, ma
quelli prima di essere comici sono dei signori musicisti e non dei “soliti
idioti”). Qualcuno sentiva il bisogno della canzone di Nesli (uno pseudonimo
che deve essergli venuto in mente a colazione, tanto sembra un cereale…)? E con
Moreno al posto di Rocco Hunt ci abbiamo forse guadagnato? E l’ennesimo ritorno
di Anna Tatangelo, finalmente non con una canzone di Gigi D’Alessio, ma con uno
scarto di Kekko dei Modà, sarà servito a qualcuno?
Buona l’idea di fare cantare i giovani all’inizio della
serata, ma il livello quest’anno è sembrato sconfortante, al punto che Giovanni
Caccamo nella sua normalità, è sembrato a tutti avere in mano delle carte
vincenti come poi è stato. Segnalerei la bravura di Amara e davvero poco altro.
Tornando ai big, ha vinto una boy band. Perché questo è Il
Volo, con i tre cantanti che lo compongono che si muovono come gli One
Direction, rivolgendosi ognuno di loro in modo personale al pubblico. Fatti per
piacere alle ragazzine (?) e alle nonne, ma quel tipo di vocalità al Festival
c’entra come i cavoli a merenda. Fareste cantare il “Rigoletto” a Nicola Di
Bari?
Nek, arrivato secondo, è stato il vero vincitore. Un vero
rilancio per la sua carriera, con un brano che ha vinto due premi, tra cui
quello per il miglior arrangiamento, certo azzeccato, ma non proprio moderno,
visto che lo stile era preso pari pari dagli anni ottanta. A consolazione della
mancata vittoria (per un pugno di voti), il trionfo nella serata di giovedì,
quando la sua interpretazione di “Se telefonando” ha vinto la gara delle cover.
Terza la sempre brava Malika Ayane, che però ancora una volta non riesce a
trovare un pezzo particolarmente memorabile.
Fortunatamente rimasta fuori dal podio Annalisa, con un
altro scarto di Kekko. Chiara poteva avere qualche chance in più, visto che
presentava un brano dal ritornello sanremese e molto azzeccato.
Ma veniamo alle (poche) note liete: Marco Masini aveva forse
il brano più bello del Festival e come al solito l’ha interpretato con il
giusto mix di grinta e professionalità, mentre Irene Grandi è molto maturata
come interprete, ma ovviamente con un brano di così buon gusto, in classifica
non poteva andare lontano.
Per il resto chi c’era? I Dear Jack-dal-cantante-tanto-Simple-Minds
hanno fatto il loro dovere, mentre Lorenzo Fragola al debutto è sembrato meno
convincente che ad “X Factor”: simpatico ma ha evidentemente bisogno di
crescere ancora come interprete. Raf aveva la bronchite e si sentiva. Lara
Fabian non ha fatto certo una figura migliore delle altre cantanti e in più
aveva il problema di una non perfetta conoscenza della lingua italiana.
Interessante Bianca Atzei con un brano il cui ritornello ricordava un vecchio
pezzo di Don Backy: voce roca e immediata riconoscibilità. Alex Britti ha
dimostrato una volta di più di essere più a suo agio nei panni di autore
piuttosto che di interprete. Mauro Coruzzi invece ha fatto capire che a cantare
è molto più bravo….di Platinette.
Gianluca Grignani è stato autore di una discreta rimonta che l’ha
portato all’ottavo posto e Nina Zilli, sempre più retrò, era stavolta dalle
parti di James Brown.
Ma il vero problema è stata la mancanza di gusto,
soprattutto a livello musicale. La serata delle cover ha scontentato quasi
tutti, molti avrebbero apprezzato delle esecuzioni più fedeli alle versioni
originali, ma reinterpretare i capolavori del passato non è sbagliato, perché
se le rifai uguali dal confronto esci sempre perdente. Ma se il gusto non ce
l’hai (quante schitarrate si potevano evitare negli arrangiamenti?) la serata
diventa un tormento.
Ad ogni modo anche questo Sanremo va agli archivi. 65 anni
di vita ed è ancora lì. Quale trasmissione televisiva può dire altrettanto?
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