Grande successo di audience per il terzo Festival
consecutivo targato Amadeus. Quest’anno, come mai da tanti anni, il Festival
sembra aver calamitato l’attenzione di una grande massa di pubblico. Nei social
era tutto un susseguirsi di commenti, classifiche, voti e previsioni. La
domenica, dopo la vittoria largamente annunciata di Mahmood e Blanco tutti a
scrivere “Io l’avevo previsto” (Capirai che sforzo…). Se l’anno scorso si
parlava di opportunità del fare il Festival, con una pandemia che cominciava
appena appena ad essere attenuata dalle prime vaccinazioni, quest’anno si
vedeva chiara, tangibile, una voglia di rinascita, con la ritornata presenza
del pubblico in sala e la voglia di ballare e di stare insieme. D’altra parte,
qualcuno ha scritto giustamente che con le discoteche ancora chiuse, il Teatro
Ariston era uno dei pochi luoghi in cui si potesse ballare.
Questa voglia di rinascita è stata ben interpretata da
Amadeus che ha fin dal primo momento indicato il Festival come contrassegnato
dall’allegria. Anche buona parte delle canzoni si sono adeguate a questo
dettame e mai come quest’anno più che a Sanremo pareva di essere al
Festivalbar, con la ricerca quasi spasmodica del tormentone, manco fossimo a
maggio invece che ai primi di febbraio.
Molti cantanti tra i selezionati erano esordienti e scelti
tra quelli che tra i giovani si sono fatti largo a furia di visualizzazioni su
YouTube. Idoli dei giovanissimi come Blanco, Sangiovanni e AKA 7even hanno
fatto la loro comparsa, facendosi conoscere anche dal grosso pubblico. Alla
fine Blanco ha pure vinto con Mahmood e la canzone “Brividi”, un’accoppiata che
è apparsa subito fortissima e apprezzata quasi in modo plebiscitario. Stupisce
che alla fine non abbia vinto nessuno dei premi collaterali andati invece a Massimo
Ranieri (premio della critica “Mia Martini”), Gianni Morandi (premio Sala
Stampa “Lucio Dalla”), Fabrizio Moro (premio “Sergio Bardotti” per il miglior
testo), Elisa (premio “Giancarlo Bigazzi” per la miglior composizione musicale)
e Giovanni Truppi (premio Lunezia per il valore musical-letterario - ??? -).
Al secondo posto si è piazzata, anche qui come da
previsioni, Elisa con “O forse sei tu”, un brano ben costruito che non ha
certamente deluso (magari avrebbe potuto scegliere una cover migliore di “What
A Feeling”, ecco, quello sì).
Terzo posto per un convincente Gianni Morandi, che mancava
dalla gara dal 2000. L’avevamo lasciato con “Innamorato” che era una canzone
che avrebbe fatto la sua figura nel repertorio di Mino Reitano, lo ritroviamo
nel 2022 con “Apri tutte le porte”, scritta da Jovanotti e arrangiata
coraggiosamente come se fossimo ancora nel 1967 (magari da lassù Rocky Roberts
e Nino Ferrer si saranno divertiti). Mi sono chiesto che effetto avrebbe fatto
sui giovanissimi sentirla, ma pare che ormai questi ultimi siano abbastanza
disponibili nei confronti di questi mostri sacri della canzone italiana, purché
abbiano qualcosa di “consumabile” da proporre. Jovanotti poi è comparso come
compagno di duetto a sorpresa di Gianni nella serata delle cover, e con una
mancanza di delicatezza nella stessa serata Amadeus lo ha pure richiamato a
fare l’ospite speciale. Alla fine il loro medley tra due canzoni del Gianni
(“Occhi di ragazza” e “Un mondo d’amore”) e due del Jova (“ Ragazzo fortunato”
e “Penso positivo”) ha vinto la serata delle cover, ma d’altra parte a Morandi
sembrava di essere dentro uno dei tanti spettacoli musicali organizzati con i
duetti tra le star, quanti ne avrà fatti?
Del look dei vari cantanti credo sia inutile parlare, ormai
siamo alla gara di chi gioca a stupire di più il pubblico e prima o poi si
arriverà davvero alla situazione preconizzata da Woody Allen nel film “To Rome
With Love”, nella quale il cantante (d’opera) in quell’occasione, si faceva
portare in scena mentre faceva la doccia. Blanco aveva dichiarato che lui e
Mahmood si sarebbero presentati in mutande e calzini, ma con un pezzo destinato
a vincere il Festival un ragazzo di 18 anni davvero è disposto a rischiare fino
a quel punto? Questo del look alla fine è un fenomeno passeggero che avrà
termine quando alla fine non si stupirà più nessuno e tornerà ad essere
originale presentarsi vestiti da gran sera (ci stiamo arrivando).
Il livello generale delle canzoni non è sembrato tale da
giustificare un numero così elevato di partecipanti, venticinque, uno meno
dell’anno scorso. A memoria non ricordo di serate di Sanremo zoppicanti per
numero di partecipanti, 12 nella prima e 13 nella seconda, ma Amadeus non è
tipo che badi a queste cose. La causa è stata l’ammissione in extremis di un
terzo giovane dal programma “Sanremo giovani, che inseriva in gara con i big
tre cantanti di belle speranze (la categoria a parte è stata quest’anno
abolita, speriamo definitivamente).
Alla fine dei tre l’unico a fare una figura decente è stato
l’anemico Matteo Romano (e fatelo mangiare ogni tanto ‘sto ragazzo!), bravo
anche al cospetto di Malika Ayane e della cover di “Your Song” di Elton John.
Deludenti invece Yuman, detto “Baloo”, che ha anche presentato la versione più
piatta della storia di “My Way” e Tananai che potrà raccontare un giorno ai
nipotini di quando a Sanremo riuscì ad arrivare, lui solo, dietro
all’impresentabile Ana Mena.
Contrariamente alle aspettative il rock non è atterrato a
Sanremo, malgrado il grande successo dei Maaneskin. Tracce rinvenute solo nel
pezzo delle Vibrazioni, “Tantissimo”, chiaramente nello stile dei Muse, che
però è arrivato solo ventiduesimo e nella canzone di Rkomi (che avrà scelto
questo pseudonimo per qualche motivo, ma non mi chiedete quale), “Insuperabile”,
un misto di rap, canzone all’italiana e appunto una spruzzatina di rock. Non
insuperabile, ma abbastanza originale.
Giovanni Truppi, l’uomo in canotta, ha rappresentato, unico
e solo, la canzone d’autore, creando un ingorgo di parole al quale dava respiro
solo il ritornello. Comunque da ascoltare.
Ci sarebbe da dire anche dell’operazione fatta a tavolino
che ha costruito il duetto tra Ditonellapiaga (ma se una si chiama Margherita
Carducci si deve volere proprio male per scegliere uno pseudonimo del genere),
esordiente di belle speranze, ma non con una fama consolidata al punto di
guadagnarsi il diritto di finire tra i big, e Rettore, che probabilmente non
era in grado di reggere da sola il peso del Festival. Entrambe hanno un disco
in uscita a breve, ma “Chimica”, per quanto carina e coinvolgente ci dice poco
sulla cifra artistica della prima delle due artiste menzionate.
Adesso bisognerà aspettare il verdetto del pubblico che
visualizza questi brani, ma sono certo che sarà positivo, perché la voglia di
normalità e di tornare a divertirsi è tanta. Al prossimo anno!