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12 febbraio 2023

Sanremo 2023: la quarta sinfonia di Amadeus

di Dario Cordovana


E così Marco Mengoni ha fatto il bis. La sua vittoria non è mai stata in discussione e Mario Ferretti anni fa avrebbe detto “c’è un uomo solo al comando”, come ai tempi di Fausto Coppi. E’ stata un’edizione fiume con le sue 28 canzoni in competizione, tutte ammesse in finale di diritto. Un record che ha polverizzato persino il ricordo dell’edizione del 1988 che aveva avuto 26 partecipanti e che, no, non era condotta da Pippo Baudo.

Aggiungendo ospiti prestigiosi, spesso vecchie glorie della canzone italiana come Peppino Di Capri, Al Bano, Massimo Ranieri, Gino Paoli, Ornella Vanoni, per non parlare di Gianni Morandi, ottima spalla di Amadeus alla conduzione, interventi seri su temi di attualità (perché a noi fa tanto, tanto male...), esibizioni canore da siti creati apposta per fare pubblicità agli sponsor, varie ed eventuali, era logico che si arrivasse in alcuni casi a chiudere alle 3 di notte. Voi l’avete visto tutto? Beh, allora non lavorate. E se l’avete visto tutto con che modalità l’avete visto? Io ho scelto l’unica possibile: vederlo a casa di amici, votare le canzoni, scambiare pareri.

Eppure lo spettacolo adesso fila liscio. Amadeus, al quarto anno di conduzione, si è ormai ambientato, e la trasandatezza della prima edizione è solo un ricordo. Allora c’era Fiorello che aveva salvato la baracca scherzandoci sopra. Adesso il Festival è un meccanismo a orologeria che si permette persino di prevedere che la serata finale terminerà alle 2.52 e magari rispettare la previsione. Tutto è regolato da un gobbo che suggerisce cose da dire già programmate in un modo già programmato. E fa caso mai impressione che con il gobbo davanti, nella serata dei duetti (per favore non chiamatele “cover”) un Eros Ramazzotti non proprio in forma si dimentichi le parole delle sue stesse canzoni. A Ultimo quasi scappava da ridere e il tipo non sembra certo un allegrone.

Veniamo alla musica. Detto che Mengoni presentava “Due vite”, un pezzo adeguato, ma che non è sembrato destinato a essere ricordato negli anni (anche se tutto è possibile), nella top five finale (eh sì, stavolta per creare più suspence la vittoria finale se la giocavano in cinque) sono finiti il nuovo idolo dei giovani (uno dei tanti per altro) Lazza, con il suo rap melodico (l’unico che funzioni a Sanremo), Mr. Rain, ovvero la reincarnazione di Alberto Terrani che canta Povia, con tanto di coro di bambini (già mi immagino i provini con Mr. Rain che chiama “Avanti un altro!” “No, prendiamo quello che è più carino”, “Ai biondini facciamo fare gli angioletti che si prendono per mano”, cose sincere che vengono dal cuore...), Ultimo-che-non-riesce-ad-arrivare-primo e Tananai in versione quasi crooner e sorprendentemente (vista la performance dell’anno scorso che gli aveva fruttato l’ultimo posto) intonato.

Fuori dai primi cinque Giorgia, che tornava al Festival dopo 22 anni di assenza, e inizialmente pareva piuttosto emozionata, ma ha ripreso quota nella serata di venerdì grazie a un azzeccato duetto con Elisa, soffrendo la qualità non eccelsa della sua “Parole dette male”. Solo settima Madame, ormai adottata dalla critica, che si è permessa anche una divagazione eccellente, eseguendo con fedeltà “Via del campo” di Fabrizio De Andrè, che, quella sì, era una cover.

Oltre la finta provocazione di Rosa Chemical, in fondo sulla scia di Achille Lauro, si sono piazzati la brava Elodie, sempre più eclettica, e i cocchi della sala stampa, Colapesce e Dimartino, secondo me ormai pronti per tornare solisti (tanto cantano all’unisono).

Gianluca Grignani ha per una volta sfruttato l’occasione di rilancio, con uno dei pezzi più complessi del Festival, interpretato via via sempre meglio, e sotto la vigile guida dell’incalzante direttore d’orchestra, nonché coautore di “Quando ti manca il fiato”, Enrico Melozzi. A Grignani la soddisfazione degli applausi a scena aperta a ogni esibizione e poi si vedrà.

C’erano in questo Festival molti esordienti, tra i quali i selezionati da “Sanremo giovani” che quest’anno erano ben sei. La classifica finale non li ha premiati e, francamente, di Will, Olly, Shari non si sentiva la mancanza. Un po’ meglio Sethu, più originale e che si è piazzato ultimo (chissà che non gli porti fortuna, gIANMARIA che più che con la sua canzone “Mostro”, ha brillato nel duetto con Manuel Agnelli il venerdì e i Colla Zio che hanno messo un po’ di allegria in mezzo a tante canzoni con testi indicibilmente tristi e con gente che sta MALE, parola ricorrente.

Esordienti erano, curiosamente, i Cugini di Campagna. I gemelli Michetti hanno festeggiato il loro compleanno numero 78 il giorno della finale. Ai tempi della loro grande popolarità il Festival era in piena crisi e quindi loro non avevano mai avuto l’opportunità di partecipare alla rassegna. Ci arrivano adesso, con un pezzo scritto non proprio per loro dalla Rappresentante di Lista, e con un’esibizione più misurata del solito, necessaria quando si è bravi, ma si va in giro vestiti in modo tanto kitsch.

E poi i ritorni: detto di Giorgia, ha sorpreso rivedere Paola e Chiara, alla ricerca di un nuovo tormentone, e soprattutto Anna Oxa, da tempo al centro di un contenzioso con la Rai. Chiamata ad aprire il Festival con la sua “Sali (canto dell’anima)” ha dato sfoggio di grande padronanza tecnica, usando la voce in tanti modi diversi nello stesso pezzo (che aveva musica composta da Fio Zanotti, uno che la sa lunga e che al Festival ha accumulato un’esperienza più che trentennale). Spesso uscita tra gli applausi della sala, la non simpaticissima Anna è stata letteralmente maltrattata dalla sala stampa che l’ha piazzata all’ultimo posto e ha così squalificato se stessa (il soggetto è la sala stampa, non la Oxa). La deliziosa e creativa interpretazione della sua “Un’emozione da poco”, accompagnata quasi pro forma dallo spadaccino violoncellista albanese Iljard Shaba ha completato degnamente la sua partecipazione, conclusasi con un venticinquesimo posto finale che grida vendetta.

A questo punto bisogna soltanto riascoltare queste 28 canzoni e farsele entrare in testa, e penso che non sarà difficile. Per ora io mi sto canticchiando “Mare di guai” della simpatica, anche se un po’ acerba Ariete, e voi?

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