Sanremo 2023: la quarta sinfonia di Amadeus
di Dario Cordovana
E così Marco Mengoni ha fatto il bis. La sua vittoria non è
mai stata in discussione e Mario Ferretti anni fa avrebbe detto “c’è un uomo
solo al comando”, come ai tempi di Fausto Coppi. E’ stata un’edizione fiume con
le sue 28 canzoni in competizione, tutte ammesse in finale di diritto. Un
record che ha polverizzato persino il ricordo dell’edizione del 1988 che aveva
avuto 26 partecipanti e che, no, non era condotta da Pippo Baudo.
Aggiungendo ospiti prestigiosi, spesso vecchie glorie della
canzone italiana come Peppino Di Capri, Al Bano, Massimo Ranieri, Gino Paoli,
Ornella Vanoni, per non parlare di Gianni Morandi, ottima spalla di Amadeus
alla conduzione, interventi seri su temi di attualità (perché a noi fa tanto,
tanto male...), esibizioni canore da siti creati apposta per fare pubblicità
agli sponsor, varie ed eventuali, era logico che si arrivasse in alcuni casi a
chiudere alle 3 di notte. Voi l’avete visto tutto? Beh, allora non lavorate. E
se l’avete visto tutto con che modalità l’avete visto? Io ho scelto l’unica
possibile: vederlo a casa di amici, votare le canzoni, scambiare pareri.
Eppure lo spettacolo adesso fila liscio. Amadeus, al quarto
anno di conduzione, si è ormai ambientato, e la trasandatezza della prima
edizione è solo un ricordo. Allora c’era Fiorello che aveva salvato la baracca
scherzandoci sopra. Adesso il Festival è un meccanismo a orologeria che si
permette persino di prevedere che la serata finale terminerà alle 2.52 e magari
rispettare la previsione. Tutto è regolato da un gobbo che suggerisce cose da
dire già programmate in un modo già programmato. E fa caso mai impressione che
con il gobbo davanti, nella serata dei duetti (per favore non chiamatele
“cover”) un Eros Ramazzotti non proprio in forma si dimentichi le parole delle
sue stesse canzoni. A Ultimo quasi scappava da ridere e il tipo non sembra
certo un allegrone.
Veniamo alla musica. Detto che Mengoni presentava “Due
vite”, un pezzo adeguato, ma che non è sembrato destinato a essere ricordato
negli anni (anche se tutto è possibile), nella top five finale (eh sì, stavolta
per creare più suspence la vittoria finale se la giocavano in cinque) sono
finiti il nuovo idolo dei giovani (uno dei tanti per altro) Lazza, con il suo
rap melodico (l’unico che funzioni a Sanremo), Mr. Rain, ovvero la
reincarnazione di Alberto Terrani che canta Povia, con tanto di coro di bambini
(già mi immagino i provini con Mr. Rain che chiama “Avanti un altro!” “No,
prendiamo quello che è più carino”, “Ai biondini facciamo fare gli angioletti
che si prendono per mano”, cose sincere che vengono dal cuore...),
Ultimo-che-non-riesce-ad-arrivare-primo e Tananai in versione quasi crooner e
sorprendentemente (vista la performance dell’anno scorso che gli aveva fruttato
l’ultimo posto) intonato.
Fuori dai primi cinque Giorgia, che tornava al Festival dopo
22 anni di assenza, e inizialmente pareva piuttosto emozionata, ma ha ripreso
quota nella serata di venerdì grazie a un azzeccato duetto con Elisa, soffrendo
la qualità non eccelsa della sua “Parole dette male”. Solo settima Madame,
ormai adottata dalla critica, che si è permessa anche una divagazione
eccellente, eseguendo con fedeltà “Via del campo” di Fabrizio De Andrè, che,
quella sì, era una cover.
Oltre la finta provocazione di Rosa Chemical, in fondo sulla
scia di Achille Lauro, si sono piazzati la brava Elodie, sempre più eclettica,
e i cocchi della sala stampa, Colapesce e Dimartino, secondo me ormai pronti
per tornare solisti (tanto cantano all’unisono).
Gianluca Grignani ha per una volta sfruttato l’occasione di
rilancio, con uno dei pezzi più complessi del Festival, interpretato via via
sempre meglio, e sotto la vigile guida dell’incalzante direttore d’orchestra,
nonché coautore di “Quando ti manca il fiato”, Enrico Melozzi. A Grignani la
soddisfazione degli applausi a scena aperta a ogni esibizione e poi si vedrà.
C’erano in questo Festival molti esordienti, tra i quali i
selezionati da “Sanremo giovani” che quest’anno erano ben sei. La classifica
finale non li ha premiati e, francamente, di Will, Olly, Shari non si sentiva
la mancanza. Un po’ meglio Sethu, più originale e che si è piazzato ultimo
(chissà che non gli porti fortuna, gIANMARIA che più che con la sua canzone
“Mostro”, ha brillato nel duetto con Manuel Agnelli il venerdì e i Colla Zio
che hanno messo un po’ di allegria in mezzo a tante canzoni con testi
indicibilmente tristi e con gente che sta MALE, parola ricorrente.
Esordienti erano, curiosamente, i Cugini di Campagna. I
gemelli Michetti hanno festeggiato il loro compleanno numero 78 il giorno della
finale. Ai tempi della loro grande popolarità il Festival era in piena crisi e
quindi loro non avevano mai avuto l’opportunità di partecipare alla rassegna.
Ci arrivano adesso, con un pezzo scritto non proprio per loro dalla
Rappresentante di Lista, e con un’esibizione più misurata del solito,
necessaria quando si è bravi, ma si va in giro vestiti in modo tanto kitsch.
E poi i ritorni: detto di Giorgia, ha sorpreso rivedere
Paola e Chiara, alla ricerca di un nuovo tormentone, e soprattutto Anna Oxa, da
tempo al centro di un contenzioso con la Rai. Chiamata ad aprire il Festival
con la sua “Sali (canto dell’anima)” ha dato sfoggio di grande padronanza
tecnica, usando la voce in tanti modi diversi nello stesso pezzo (che aveva
musica composta da Fio Zanotti, uno che la sa lunga e che al Festival ha
accumulato un’esperienza più che trentennale). Spesso uscita tra gli applausi
della sala, la non simpaticissima Anna è stata letteralmente maltrattata dalla
sala stampa che l’ha piazzata all’ultimo posto e ha così squalificato se stessa
(il soggetto è la sala stampa, non la Oxa). La deliziosa e creativa
interpretazione della sua “Un’emozione da poco”, accompagnata quasi pro forma
dallo spadaccino violoncellista albanese Iljard Shaba ha completato degnamente
la sua partecipazione, conclusasi con un venticinquesimo posto finale che grida
vendetta.
A questo punto bisogna soltanto riascoltare queste 28
canzoni e farsele entrare in testa, e penso che non sarà difficile. Per ora io
mi sto canticchiando “Mare di guai” della simpatica, anche se un po’ acerba
Ariete, e voi?
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