Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - 28 - La seconda serata di Sanremo ‘67
di Dario Cordovana
La tragedia di Tenco colse del tutto impreparato il mondo della musica leggera italiana. D’altra parte come si poteva prevedere una simile situazione? Come diceva Lello Bersani tutto questo era successo ad un festival di canzoni! Cosa fare? Fermare il Festival in omaggio allo scomparso o andare avanti come se niente fosse, senza considerare che il cast di quella seconda serata comprendeva anche amici di Tenco come Lucio Dalla, che per uno strano scherzo del destino avrebbe dovuto cantare “Bisogna saper perdere”? Naturalmente si optò per la seconda ipotesi e, letteralmente, si andò avanti come se la serata precedente si fosse conclusa normalmente. Mike Bongiorno e Renata Mauro diedero il via alle ostilità annunciando “Guardati alle spalle” cantata da Nicola Di Bari, e visto che ancora non si era riusciti a scacciare dalla mente un certo colpo di pistola, il titolo assunse valenze tragicomiche che non erano certo nelle intenzioni degli autori. A seguire una bella canzone di Umberto Napolitano, “Il cammino di ogni speranza”, un po’ massacrata da Caterina Caselli con un insistente “Bem-bem berebem-bem-bem”, ma risollevata da Sonny & Cher, che però avevano il solito problema della pronuncia italiana. Concluse il primo terzetto Milva con “Uno come noi”, la cui ripetizione è affidata a Los Bravos, quelli di “Black is black”. Per trovare però le prime finaliste bisogna arrivare al secondo terzetto di canzoni: “Pietre” di Gian Pieretti, divenuta celebre nella versione di Antoine, alla prima apparizione di cinque consecutive al Festival. Chi in quel periodo non conosceva il famoso “Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre”? Segue “Non pensare a me”, canzone vincente di stampo tradizionale, ultimo successo del reuccio Claudio Villa al Festival e abbastanza sorprendentemente ultima sua apparizione in finale! Offre il suo contributo alla causa Iva Zanicchi, lei invece alla prima vittoria a Sanremo (vincerà altre due volte). Infine “Dove credi di andare”, ennesima bella canzone di Sergio Endrigo (questa volta in coppia con Memo Remigi), al quale manca però ancora qualcosa per trovare il filone giusto con il quale puntare alla vittoria (manca poco però…). Seguono una serie di canzoni che hanno lasciato poche tracce: si segnalano “Io per amore” di Pino Donaggio, ben coadiuvato da Carmen Villani, una brava cantante alla quale per sfondare veramente è solo mancato l’exploit dato da quella canzone che poi serve per identificare il cantante. Ad esempio se dici “Una lacrima sul viso” pensi subito a Bobby Solo, se dici “Nessuno mi può giudicare” a Caterina Caselli, se dici “Cuore matto” a Little Tony…e indovinate un po’ da dove viene quest’ultima? Ma dalla seconda serata del Festival di Sanremo 1967, che diamine! Il piccolo Tony era lì con il fido (e futuro imbianchino) Mario Zelinotti ad aprire l’ultimo terzetto di canzoni, e non sapeva che oltre che a conquistare la finale (dove per altro avrebbe raccolto solo un misero decimo posto), il “Cuore matto, matto da legare” sarebbe stato campione di vendite in quel 1967. A seguire “Nasce una vita” cantata da Jimmy Fontana ed Edoardo Vianello (apro parentesi per dire che un mio amico sosteneva che un fraseggio nell’arrangiamento orchestrale nella versione di quest’ultimo sembrava scritto dai Genesis…ma era un periodo in cui noi si beveva parecchio…). A chiudere questo travagliato Festival la già citata “Bisogna saper perdere” che a dire il vero era più convincente nella seconda esecuzione dei Rokes. La suddetta canzone entra in finale, ma in ogni caso non c’era bisogno di ricordare che “Bisogna saper perdere/Non sempre si può vincere”; nessuno aveva voglia di un’altra tragedia…
Little Tony - "Cuore Matto"
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