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14 novembre 2007

Storia semiseria e disordinata della canzone italiana da Sanremo in poi - quarta puntata

di Dario



Siamo ormai arrivati agli anni sessanta ed il rock’n’roll provvede ulteriormente a dividere le generazioni: giovani da una parte e vecchi (poi chiamati addirittura “matusa”, senza il “lemme” di corredo) dall’altra.

Non c’erano vie di mezzo: o si era giovani o si era vecchi; e si diventava presto vecchi, almeno agli occhi dei giovani: chi compiva quarant’anni veniva guardato malissimo.

D’altronde il gusto musicale si evolveva in fretta ed era difficile rimanere al passo coi tempi; tutta quella generazione di cantanti che aveva imposto il proprio gusto musicale a Sanremo negli anni cinquanta, un gusto fatto essenzialmente di mamme e di rintocchi di campane della chiesa, venne spazzato via in pochi anni.

Via Nilla Pizzi, Achille Togliani, Gino Latilla, Carla Boni, Giorgio Consolini e il Duo Fasano; e via anche le promettenti nuove leve come Tonina Torrielli e Wilma De Angelis, troppo legate al gusto dei cantanti citati in precedenza.

Resiste Claudio Villa, dall’alto del suo “Io la voce cell’ho!”, e resisterà per almeno un altro decennio abbondante, senza grandi boom discografici, ma sempre con un gran seguito di pubblico: un cantante-madonnina al passaggio del quale le vecchie signore affacciate al balcone (e non solo loro) sono sempre pronte a lanciare petali di rose…

Nel 1962 sono ancora gli urlatori a trionfare, con Tony Dallara in gran spolvero; il rock’n’roll però, anche se introdotto con prudenza (nelle prime canzoni del genere in Italia la chitarra elettrica è spesso sostituita dai sassofoni e, più che di gruppi rock, ancora si parla di orchestre jazz che accompagnano i cantanti come Celentano), fa comunque presa tra i giovani che, negli anni del boom economico, si rendono anche conto di essere numerosi.

Sono i figli nati alla fine della seconda guerra mondiale, che hanno ormai 16 anni nel ’62, e che scelgono come idoli dei giovanissimi coetanei; due di questi vengono tenuti a battesimo in una puntata del varietà televisivo “Alta Pressione” del regista-innovatore Enzo Trapani: Gianni Morandi e Rita Pavone (quest’ultima, è proprio il caso di dire, tenuta a battesimo in quanto inizia la sua esibizione cantando “La Partita di Pallone”…in una culla!).

L’emiliano Morandi è comunque almeno inizialmente il prototipo del bravo ragazzo che è alle prese con i suoi amori adolescenziali ed è pronto a fare a pugni per difenderli:

“Tu digli a quel coso che sono geloso e se lo rivedo gli spaccherò il muso”

passioni adolescenziali a tratti anche travolgenti:

“Andavo a cento all’ora per veder la bimba mia”

oggi, purtroppo, si potrebbe aggiungere:

“mi son scontrato con un camion oltre la linea di mezzeria”

e a volte piene di sensi di colpa con lui che va ad implorare perdono (“In ginocchio da te”, “Non son degno di te” ecc.), alternando twist (ballo veloce dell’epoca che consisteva nell’agitare a sinistra e a destra ritmicamente le ginocchia senza rompersi il menisco) e lenti. Più avanti, occasionalmente, tenterà la strada della canzone di protesta, pentendosi immediatamente.

Ancora di protesta però non si parla: la canzone sposa il disimpegno, soprattutto d’estate, con i vari Nico Fidenco, Peppino Di Capri ed Edoardo Vianello (quest’ultimo un vero orso, non per via del carattere, ma per l’abitudine di andare in letargo e poi sfornare pezzi estivi e balneari, tutti ballabilissimi: “Abbronzatissima”, “Guarda come dondolo”, “I Watussi”, “Pinne, fucile ed occhiali”, “Tremarella”, “Il capello” ecc. ecc. ecc.

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Articolo gustosissimo! Mi sembra di vederle, le vecchie signore, tutte contente (e ben munite di paia di occhiali alla Ave Ninchi prima maniera), affacciate al balcone a lanciare petali di rose…

Fabrizio

15/11/2007 23:16:07


 
 

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