Nel 1969 per la prima volta la Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia si sposta a settembre, più che altro per evitare fastidiose concomitanze con altre rassegne (leggi:Un disco per l’estate). Manifestazione atipica, nel senso che premiava nel vincitore l’artista che aveva venduto più dischi – tra i partecipanti – nell’anno precedente, e che quindi lo premiava con un anno di ritardo. In quel 1969 succede un fatto clamoroso. In un paese come l’Italia, dove le classifiche di vendita vengono dominate dagli artisti locali e dove i cantanti stranieri hanno sempre avuto problemi a farsi largo, sta finalmente cambiando qualcosa. A vincere la Mostra di Venezia è per la prima ed unica volta un gruppo straniero, e che gruppo! Si tratta dei Vanilla Fudge che presentano “Some velvet morning”, un brano lungo ed evocativo, ma tutt’altro che orecchiabile. Se non è una rivoluzione, poco ci manca. E non è finita qui. Al terzo posto un altro straniero, il francese Georges Moustaki, in autunno al primo posto delle classifiche con “Lo straniero”. Moustaki era un cantante con l’aria da giramondo e una barba folta, uno che dimostrava più di cinquant’anni e in realtà non arrivava ai quaranta. Ciccio Ingrassia ne fece una gustosissima parodia: “Con questa faccia da accattone e con le pezze al pantalone arriva la celebrità…”. “Lo straniero” era comunque cantata in italiano, come del resto nella stessa manifestazione “Io dissi addio” del brasiliano Roberto Carlos e soprattutto “Quanto t’amo”, primo vero successo in Italia dell’Elvis d’oltralpe (nonché marito di Sylvie Vartan) Johnny Halliday. Completano il quadro gli ottimi piazzamenti di italiani atipici come Nino Ferrer e Dalida. A parte Moustaki le classifiche autunnali vedono l’ennesimo ritorno dei Dik Dik con la canzone di Mogol-Lavezzi “Il primo giorno di primavera” che però era in giro da tempo. Sempre basata su un giro guidato dall’organo alla maniera dei Procol Harum, questo pezzo rappresenta un altro centro per un gruppo che, nato ai tempi del beat, farà parlare di sé per ancora molti anni a venire. Una presenza invece meno usuale per le classifiche di vendita è quella di Tony Del Monaco che raccoglie il suo più grande successo con “Una spina e una rosa”. Di Morandi, Mal e Maurizio parleremo nel capitolo dedicato a “Canzonissima”, mentre al confine dell’inverno si affaccia in classifica la prima produzione di un’etichetta discografica che non vuole essere seconda a nessuno. Si chiama Numero Uno e vede tra i suoi padri fondatori il celebre paroliere Mogol; il pezzo, “Questo folle sentimento”, che vede l’esordio della Formula Tre, è scritto dalla punta di diamante dell’etichetta, un certo Lucio Battisti. Questi si trova in una situazione anomala: come autore scrive i pezzi per gli artisti della Numero Uno, mentre come cantante è ancora sotto contratto con la Ricordi. E proprio per la Ricordi Battisti in autunno manda al vertice delle classifiche un altro capolavoro: “Mi ritorni in mente”, una canzone con una grande apertura melodica che in seguito si trasforma in un pezzo più ritmato. Chissà che sconquassi avrebbe procurato se avesse portato questo brano a Sanremo…(avrebbe vinto? Io dico di sì). Ma ormai la popolarità di Lucio era un inarrestabile crescendo e il cantautore reatino di Sanremo se ne poteva anche fregare…
Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - Autunno e dintorni
Perchè rassegnarsi ad un Sanremo stereotipato? Un pizzico di coraggio in più nelle sue proposte non guasterebbe e anche se solo una volta ha vinto una canzone un po' fuori dagli schemi ("Per Elisa" di Alice, non contando la Piccola Orchestra Avion Travel arrivata al primo posto solo grazie ai voti della giuria di qualità), molte volte le proposte coraggiose sono state premiata a posteriori, pensa a "Confusa e felice" di Carmen Consoli o al buon successo di Daniele Silvestri e dei Quintorigo.
Per me la bella "Mi ritorni in mente", pur degnissima di vincere, a Sanremo non sarebbe piaciuta, proprio per la sua originale struttura, con l'inizio melodico e poi l'inattesa accelerazione del ritmo. A me piaceva, e piace ancora allo stesso modo