Siamo ormai alle due semifinali, ancora sotto il segno degli accoppiamenti tra uomini e donne. Una formula nata per garantire un ugual numero di finalisti tra i maschi e le femmine, ma che ha portato in semifinale qualche sorpresa. Intanto però nel 1970 c’è un allargamento del numero dei finalisti, che quest’anno saranno otto e non più sei. Quindi solo quattro dei dodici semifinalisti saranno eliminati. La prima semifinale è aperta da Caterina Caselli, alle prese come gli altri con una canzone nuova di zecca. Caterina che sta ben utilizzando Canzonissima per un meritato rilancio presenta “Viale Kennedy”, un buon brano a metà strada tra una canzone melodica e una più ritmata, certamente al passo coi tempi. Come del resto il brano presentato da Orietta Berti, “Ah, l’amore che cos’è”, un motivo difficile, ma che col ripetersi degli ascolti riesce finalmente ad imporsi, mentre il testo sposa l’impegno (“Lui bussa alla porta/Lei dice non apro/Lui dice ti prego/Lei dice domani/Poi li vedi sottobraccio/Poi li senti sospirare/Ah, l’amore che cos’è/E’un ritornello che non cambia mai…”). Vi potete immaginare la sorpresa tra il pubblico per questa Berti impegnata che finalmente…basta non ce la faccio più, non è vero niente, “Ah l’amore che cos’è” è la solita marcetta, ma a Canzonissima queste cose funzionano. Patty Pravo invece di Canzonissima e di quello che pensa il pubblico che segue la Berti se ne frega e canta la drammatica “Tutt’al più”, con tanto di inizio recitato su un sapiente accompagnamento di pianoforte; una storia di una donna che sogna di riallacciare il rapporto con il suo uomo, ma teme di farsi avanti perché potrebbe trovarlo in compagnia di un’altra e la situazione, diciamocelo, sarebbe oltremodo imbarazzante. Bella prova interpretativa della cantante veneziana che fa prove di raggiunta maturità. Non ci sono molte sorprese dall’unico vero outsider tra questi semifinalisti, l’abruzzese Tony Del Monaco propone “La guerra del cuore”, morandiana più che mai. “Vent’anni” è invece una canzone che odora di autobiografia lontano un chilometro ed è perfetta per un Massimo Ranieri, che in verità i vent’anni li deve ancora compiere. Lo stile è quello degli Aphrodite’s Child di Demis Roussos che in quel periodo furoreggiano nelle classifiche di vendita, ma con qualche trovatina originale (il coretto di bambini che a un certo punto annuncia: “Nasce così la vita mia/Come comincia una poesia…”. Ranieri è in stato di grazia e la canzone è sì furba, ma anche ben costruita…insomma la sostanza c’è. Claudio Villa infine ripropone il suo solito problema: trovare una canzone nuova plausibile. Nelle eliminatorie il reuccio si dà una mano spesso ricorrendo ai classici della canzone italiana o napoletana, ma trovare poi una canzone nuova nel suo stile (superatissimo) non è sempre facile. L’anno precedente il maestro Canfora gli aveva salvato “Il sole del mattino” con un arrangiamento di alta classe, ma quest’anno il pur bravo maestro Franco Pisano può fare poco davanti all’esibita classicità di “Non è la pioggia”. Classicità nel senso di canzone all’italiana, ma di uno stile ormai improponibile. Comunque al pubblico di Canzonissima Villa piace e la Caselli che se lo becca ai sorteggi guadagna un biglietto per la finale. I veri trionfatori sono però Massimo Ranieri e Orietta Berti, mentre rimane purtroppo fuori Patty Pravo che, pare che, dopo l’accoppiamento con Tony Del Monaco, abbia dichiarato quasi rassegnata: “Io, il mio dovere l’ho fatto.” La seconda semifinale vede come protagonista Nicola Di Bari, che, eliminato come cantante, si prende una rivincita come autore firmando “Una storia di mezzanotte” di Iva Zanicchi. Canzone ben scelta dall’aquila di Ligonchio, che ormai non sbaglia un colpo ed è entrata stabilmente nel cuore del pubblico di Canzonissima. Subito dopo, e molto prima di Baglioni, Rita Pavone ci regala “E tu…”; chiaramente non si tratta dello stesso pezzo, non ci sono persone accoccolate ad ascoltare il mare, ma la canzone in questione è comunque un buon pezzo, moderno nello stile che la Pavone ha portato avanti fin dal primo turno di questa Canzonissima che le è servita per rilanciarsi almeno parzialmente, dopo un periodo in cui non ne imbroccava più una. Chiude la delicata “La primavera” di Don Backy, affidata alla grazia di Marisa Sannia. Gli uomini vengono rappresentati da Mino Reitano, allegro come sempre (“Una ferita in fondo al cuore”), da Gianni Morandi, che presenta “Capriccio”, un brano del quale neanche lui era convinto fino in fondo e da Little Tony che, con l’ausilio di una spettacolare giacca con le frange, presenta “Azzurra”, sicuramente da annoverare tra le cose migliori del suo repertorio. Anche qui però chi pesca il Morandi, un Morandi in calando, ma pur sempre un Morandi, ha la finale assicurata: stavolta il colpaccio riesce alla Zanicchi, ma Mino Reitano e Marisa Sannia in coppia si difendono più che bene. Little Tony, con molti rimpianti, pesca Rita Pavone (anzi in realtà è il contrario) e fallisce di un soffio per l’ennesima volta la finale…