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21 settembre 2012

Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - La seconda serata di Sanremo 1971

di Dario Cordovana



La Formula Tre nel 1971 è uno dei gruppi del momento, favoriti dalle amorevoli cure del loro mentore, Lucio Battisti. A loro tocca aprire la seconda serata con “La folle corsa”, un pezzo di Mogol-Donida a cui Battisti ha dato un’abbondante mano. Il pezzo, incalzante quanto basta, è riproposto da Little Tony e stacca il biglietto per la finale. Brusco cambio di atmosfera per la seconda canzone: “L’ora giusta” doveva essere interpretata al Festival da Orietta Berti. Dopo la rinuncia della sua casa discografica il pezzo viene affidato ad una coppia di interpreti, Lorenza Visconti ed Edda Ollari, invero piuttosto debole. Ad ogni modo non una grande perdita per la manifestazione. Chiude la prima terna “Il cuore è uno zingaro”, un bel brano di Migliacci-Mattone che rappresenta la prova della maturità raggiunta da Nada e la conferma, per Nicola Di Bari, del successo acchiappato a Sanremo proprio l’anno precedente.
Ed eccoci a Sergio Endrigo che apre la seconda terna con “Una storia”, un buon brano, come tutti quelli di Endrigo, però meno immediato rispetto ai fortunati precedenti che l’avevano visto occupare tutti i gradini del podio d’onore. Tra l’altro il noto cantautore incide per la Fonit Cetra, un’altra delle etichette che avevano abbandonato il Festival, ma decide di partecipare lo stesso alla rassegna a titolo personale, coinvolgendo nell’avventura un altro gruppo della stessa etichetta, i New Trolls. “Una storia” arriva in finale, ma senza speranze di grandi piazzamenti. Il brano seguente si chiama “Il dirigibile” e viene presentato dalla stessa coppia che l’anno precedente aveva eseguito “Taxi”, ovvero Antoine (che ancora una volta dà spettacolo facendosi appendere ad una fune) ed Anna Identici, ma stavolta il giochetto non riesce, anche se la canzone è briosa. Colpa della concorrenza? In effetti, a seguire c’è una che non sbaglia un colpo, Gigliola Cinquetti. La canzone del 1971 si chiama “Rose nel buio”; comincia come un valzer, ma subito dopo ripete un azzeccato ritornello per millanta volte, esaltando le capacità vocali del coro di Ray Conniff, chiamato alla seconda esecuzione… anzi, a dire la verità del coro di Ray Conniff c’è il solo Ray Conniff, perché il suo coro è rimasto a casa perché costava troppo ed è stato sostituito dai Musicals, che sono così bravi che nessuno se ne accorge.
Il Festival del 1971 vede anche la consacrazione di Lucio Dalla, con un pezzo che porta la sua data di nascita “4 marzo 1943” (Dalla è nato un giorno prima di Lucio Battisti). In realtà il brano che parla di ragazze incinte, ladri, puttane e quant’altro, ha un testo, di Paola Pallottino, un po’ troppo audace per il periodo e il titolo scelto in origine “Gesù Bambino”, non aiuta di certo. Alla fine la commissione censura, scorcia di qua e scorcia di là, dopo aver cambiato anche il titolo dà l’o.k., e la canzone, introdotta da una caratteristica melodia di un violino solista, colpisce immediatamente. A beneficiarne è anche l’Equipe, anzi la Nuova Equipe 84, come si chiama adesso dopo il rimpasto nella formazione che ha visto Franz Di Cioccio e Dario Baldan Bembo subentrare a Ceccarelli e Cantarella, che la ripropone. Ma le sorprese non sono finite: ad eseguire per primo la canzone “Sotto le lenzuola”, su cui Adriano Celentano punta le sue fiche per rivincere il Festival, è il Coro Alpino Milanese, che la esegue impeccabilmente come se fosse “La Montanara”. Solo che invece di “Lassù sulle montagneeee…..” il testo dice: “A poker sai non si gioca in tre/e non giocare più con la mia amica”. Infatti “Sotto le lenzuola” (titolo pruriginoso, ma di lenzuola coniugali si parla) narra la storia di un marito infedele scoperto dalla moglie, che alla fine si pente della sua scappatella. L’atmosfera musicale creata da Celentano è invece decisamente campagnola con tanto di banjo e fisarmonica. La terna viene poi chiusa dall’interessante “Lo schiaffo”, che parte come un rhythm and blues che si apre nel ritornello con un’indovinata melodia. Ma è il finale a sorprendere con una coda che sembra del tutto avulsa dal resto del brano. Gli esecutori sono i Gens, ma ancora meglio fa il semi-sconosciuto Jordan (a dispetto del nome, italianissimo), accompagnato dai Middle Of The Road, gruppo scozzese non accreditato, che poi riscuoterà in Italia alcuni successi come “Chirpy Chirpy Cheep Cheep” e “Tweedle Dee Tweedle Dum”. Spiace dirlo, ma “Lo schiaffo” non arriverà in finale.
Ultima terna: aprono gli inglesi Mungo Jerry (quelli di “In the summertime”), con una stranissima canzone di Pallavicini-Conte, “Santo Antonio Santo Francisco”, all’interno della quale trova posto persino un interprete che con tono svogliato, traduce in italiano le frasi declamate in inglese dal signor Mungo (all’anagrafe Ray Dorset). La seconda versione, di Piero Focaccia, ammazza letteralmente il brano banalizzandolo, ma curiosamente, mantenendo la trovata dell’interprete (anche se non si capisce perché Focaccia, che canta tutto il pezzo in italiano, debba declamare solo quel passo in inglese). “13, storia d’oggi” è invece il motivo presentato da Al Bano, di stampo popolaresco, ma con una parte interna che quasi sfiora il gospel! A fare da contorno il gruppo spagnolo degli Aguaviva. Poche tracce invece lascia la canzone conclusiva del Festival “I ragazzi come noi”, sia nella versione di Mark e Martha, sia in quella di Paolo Mengoli.
Alla fine di quest’ottima edizione di Sanremo, un podio tutto da ricordare: Lucio Dalla finisce terzo, secondo posto per “Che sarà”, ma il successo finale è della ragazzina (Nada) e del brutto anatroccolo (Nicola Di Bari), che, se non può diventare cigno, si contenta almeno di vincere, con “Il cuore è uno zingaro”, il Festival di Sanremo…


LA FOLLE CORSA
(Formula tre)


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Sandro grazie per i complimenti. Certo, in giro ci sono tanti appassionati che scrivono cose a volte anche più dettagliate di quello che scrivo io, che comunque sono basate anche sui miei ricordi personali, com'è giusto che sia. "Il ragazzo della via Gluck" è del 1966, cioè 5 anni prima dei fatti narrati.

Dario C.

23/09/2012 20:01:18


Complimenti all'autore. Ma in Italia esiste un'altra narrazione della musica leggera così ricca di particolare come la tua? Dovresti raccoglierla in un libro e pubblicarlo in edizione elettronica, a costo zero per te.
Quanto all'edizione del '71 del Festival di Sanremo, che abbia vinto "Il cuore è uno zingaro" e non la splendida canzone censurata di Dalla è l'ennesima conferma della chiusura del Festival alle novità autentiche, come lo fu nel caso del Ragazzo della via Gluck di Celentano 7 anni prima (se non erro)

Sandro

22/09/2012 20:59:59


 
 

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