Battisti e l’ascesa di Claudio Baglioni (puntata n. 125)
di Dario Cordovana
Era da un po’ di tempo che Claudio Baglioni ci provava. Questo ragazzotto romano con degli occhiali improponibili si era visto in diverse trasmissioni televisive, ma senza grandi risultati in termini di successo. Le sue canzoni sembravano troppo legate all’immaginario romanesco per colpire a livello nazionale. Poi a fine 1972 finalmente il pezzo giusto: “Questo piccolo grande amore” è un pezzo che parla agli adolescenti e come gli adolescenti. Non solo il singolo arriva primo in classifica ma anche l’album omonimo ottiene il successo sperato. L’idea è quella di presentare le canzoni dell’album come se fossero dei piccoli squarci di vita quotidiana di un adolescente come Claudio in fondo non è più. Ciò nonostante Baglioni risulta molto credibile, anche perché uno dei personaggi è certamente la sua auto, una Citroen ribattezzata “Camilla”, che ovviamente fa capire con molta onestà che il protagonista almeno 18 anni li ha. I testi, scritti in collaborazione con Antonio Coggio, poi sono supportati da delle musiche piuttosto battistiane, ma che non arrivano a plagiare le composizioni e lo stile del cantautore di Poggio Bustone. I vari quadretti sono legati da brevissimi intermezzi di stampo cameristico, come se si fosse davanti a una rappresentazione teatrale e si cambiassero le scene. Il gioco viene ripetuto con l’album dell’estate 1973, “Gira che ti rigira amore bello”, nel quale Camilla figura persino in copertina. Ma per lei sarà il canto del cigno. La formula rimane invariata e consolida il successo di Baglioni che dimostra di non essere un fuoco di paglia. Le sue canzoni saranno molto richieste anche da altri artisti (Rita Pavone una delle più costanti, ma anche Gilda Giuliani, Gianni Nazzaro …). Nello stesso periodo abbiamo a che fare con un Battisti autunnale, che pubblica uno dei suoi album più celebrati, “Il mio canto libero”. A parte il singolo omonimo, che sbaraglierà la concorrenza di Baglioni e Ranieri che come abbiamo visto avevano dei pezzi molto forti, tra gli altri 7 brani che compongono l’album ne abbiamo alcuni che hanno fatto storia: “La luce dell’est” in apertura, “Io vorrei … non vorrei … ma se vuoi” con il suo celebre “Le discese ardite/e poi le risalite”, “Vento nel vento”, “L’aquila” (lanciata anche da Bruno Lauzi), ben assecondate da arrangiamenti orchestrali che saranno d’ispirazione anche ad altri artisti (ad esempio gli Alunni Del Sole troveranno con questo tipo di arrangiamenti la quadratura del cerchio). Il resto dell’album fa un po’ da contorno, “Gente per bene gente per male” è sviluppata in due parti (più convincente la seconda), “Confusione” e soprattutto “Luci-ah” sembrano gli anelli deboli della catena, ma per molti quest’album, con la celebre copertina formata da delle braccia protese verso l’alto, sarà leggendario. Sarà l’ultimo album del Battisti classico, un Battisti che almeno in Italia aveva già rotto con la televisione (i filmati che lo vedono cantare “Il mio canto libero” provengono dalle televisioni estere), che ha in pratica smesso di comporre per altri artisti (i due pezzi del 1976, “Io ti venderei”, dato a Patty Pravo, e “Un uomo che ti ama” donato a Bruno Lauzi, saranno in realtà poi inclusi nell’album “La batteria, il contrabbasso, eccetera …”), e che l’anno successivo comincerà a sperimentare nuove soluzioni sonore …
|