Sanremo 1973: prima serata - (puntata n. 127)
di Dario Cordovana
Come nel 1972 tocca a Donatello aprire il festival. Il brano si intitola “Tu giovane amore mio” ed è sostenuto dalla collaudata coppia Ricky Gianco - Gian Pieretti. Il pezzo non sfigura nel repertorio di Donatello, che arriva senza problemi in finale (è secondo), dove raccoglierà però risultati inferiori alle attese. Sarà il suo ultimo festival. Sono invece all’esordio a Sanremo Wess e Dori Ghezzi, il cui successo in coppia è ancora tutto da verificare, per lo meno a livello di grandi numeri. “Tu nella mia vita” mette un mattone importante. Scritta (tra gli altri) da Umberto Balsamo, altro nome in rampa di lancio, finirà per conquistare un non disprezzabile sesto posto anche nella finale, e quel che più conta, a finire in classifica (cosa nient’affatto scontata in un Festival in crisi come questo). Visto che mancano le telecamere Sergio Endrigo pensa bene di presentarsi in maglione … tanto chi mi vede? Dopo la difficile “Una storia” del 1971 e un anno sabbatico, Endrigo torna al Festival con “Elisa Elisa”, un motivo dall’andatura un po’ francese che riscuote molto successo tra i critici. Purtroppo però le giurie non la pensano allo stesso modo ed arrivano ad escludere il pezzo dalla finale! Drupi presenta invece “Vado via” e le giurie lo prendono in parola. La sua voce roca lascia un po’ disorientati i giurati che lo relegano all’ultimo posto. Sembra finita lì e invece il cantante pavese si prenderà la più clamorosa delle rivincite, quando il suo brano inopinatamente scalerà le classifiche di mezza Europa, Inghilterra compresa. Solo allora Drupi diventerà una stella anche in Italia. “Sugli sugli bane bane” è invece una filastrocca proposta dal quartetto vocale femminile Le Figlie Del Vento, un motivo che riesce per un po’ ad imprimersi nell’immaginario collettivo: “Sugli sugli bane bane/Tu miscugli le banane/Le miscugli in salsa verde/Chi le mangia nulla perde”. La finale viene mancata per pochissimo e malgrado i tentativi le quattro simpaticone non riusciranno a produrre nient’altro di significativo (se non i titoli dei pezzi : “I carciofi son maturi”, “Tu sei il lattaio”, “Paternò” e così continuando). Junior Magli torna a Sanremo dopo quattro anni, ma neanche “Povero” riesce a rinvigorire la sua carriera. Più interessante l’esordio da cantante di Roberto Vecchioni, un cantante invero ancora tutto da costruire. “L’uomo che si gioca il cielo a dadi” è una canzone dedicata al padre e se fa pensare a un modello questo non è altri che Domenico Modugno. E’ comunque Vecchioni a vincere lo sprint con le Figlie Del Vento per un posto in finale, dove raccoglierà un onorevolissimo settimo posto. Una canzone pacifista era stata già presentata con scarsa fortuna nello scorso Festival da Tony Cucchiara. Nel 1973 la concorrenza è molto meno spietata e Fausto Leali porta comodamente in finale “La bandiera di sole”, che in fondo non è né meglio né peggio della canzone di Cucchiara. A contribuire al successo è probabilmente il fatto di essersi fatto accompagnare da Simon Luca e il gruppo dell’Enorme Maria. Niente finale invece per gli spagnoli Mocedades, con un motivo, “Addio amor”, che fa pensare al ballo liscio di Casadei (!). Si consoleranno all’Eurofestival di quell’anno arrivando secondi. Meritata la finale di Anna Identici, con il pubblico che si sta ormai abituando alla sua versione impegnata. “Mi son chiesta tante volte” è costruita in modo più canonico, con il classico schema strofa-ritornello, laddove “Era bello il mio ragazzo” aveva la struttura della ballata folk. La cantante di origine tunisina, Carmen Amato non riesce a far meglio di far evitare l’ultimo posto a “Dove andrai” di Detto Mariano, una canzone non semplicissima da cantare. Di lei non si saprà più nulla. Ben noto al pubblico è invece Peppino Gagliardi che vince la serata eliminatoria. “Come un ragazzino” però non è una canzone all’altezza delle sue precedenti e malgrado il suo solito secondo posto finale (un abbonamento di cui il simpatico cantante napoletano si lamenterà scherzosamente a più riprese), non rimarrà nella storia. Suscita sorpresa la finale conquistata da “Straniera straniera” di Lionello, forse perché il ritornello è fin troppo orecchiabile, cosa che può dare un vantaggio immediato all’ex-campione di “Settevoci”, ma il cui effetto già va scemando a partire dalla finale dove si deve accontentare del penultimo posto. Come abbia fatto invece a mancare la finale Gigliola Cinquetti è proprio un “Mistero”, che è anche il titolo della sua canzone scritta da Claudio Mattone. Forse il pubblico è ormai poco abituato ad ascoltare da Gigliola una canzone raffinata come questa. Una delle migliori del Festival, senza dubbio. Ahi ahi ahi pochi erano i big in partenza e ora anche Endrigo e la Cinquetti sono fuori dalla finale, per il Festival si mette male. L’ultima canzone della prima serata è “Tre minuti di ricordi” di Alessandro, anche lui proveniente dal giro del Clan di Celentano. Lo stesso Alessandro, che di cognome fa Pintus è autore del pezzo insieme a Miki Del Prete e riesce a traghettarlo in finale non del tutto immeritatamente. Malgrado questo incoraggiante successo la sua carriera di cantante è già al capolinea e di questa al buon Pintus non restano che (segue titolo del pezzo)…
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