IL FOLK A CANZONISSIMA (puntata n. 158)
di Dario Cordovana
L’inserimento di un girone folk a Canzonissima non viene accolto con consensi unanimi. Del resto il folk è un genere che si presta a varie interpretazioni. Normalmente nel genere si inseriscono quelle canzoni che vengono dalla tradizione orale, imparate da cantanti in genere non professionisti, e che passano così di bocca in bocca. Molte di queste canzoni tradizionali le conosciamo grazie all’opera meritoria di ricercatori che, in giro per le campagne, chiedevano a gente umile di cantare queste canzoni prendendo appunti o, dai primi decenni del novecento, registrando le loro voci. Nel primo caso si perdeva qualcosa per forza di cose, essendo il canto tradizionale ben diverso da quello “educato”, e poco rispettoso dei semitoni. Nel secondo caso invece si aveva un punto di riferimento più affidabile. La canzone tradizionale poteva subire delle modifiche riguardo al testo o alla melodia appena si cambiava zona. Come nel gioco del telefono senza fili, una canzone appresa per via orale veniva nuovamente interpretata dal nuovo esecutore per come se la ricordava e giocoforza apportava delle piccole variazioni. Un’altra querelle riguardava l’arrangiamento della canzone tradizionale. Spesso i cantanti la eseguivano senza accompagnamento strumentale, ma a volte si facevano accompagnare da qualche strumento, un violino, una fisarmonica, più tardi una chitarra. Chi erano gli autori di queste canzoni? Alcune di queste andavano così indietro nel tempo che era impossibile risalire a un nome, e d’altra parte, essendo come abbiamo detto la canzone folk una materia viva che si modifica costantemente, forse non era nemmeno utile tentare di risalire a chi aveva avuto l’idea originaria. In mezzo a questo calderone esisteva anche chi componeva nuove canzoni folk, tra lo sdegno dei puristi (convinti che solo le canzoni tradizionali attestate e già esistenti possano vantare diritto di cittadinanza nel genere) e l’approvazione di chi invece vedeva nelle nuove composizioni il segno di una importante vitalità. Ebbene a Canzonissima tutti questi problemi non vennero posti. Qualunque cantante potesse esprimere caratteristiche marcate di appartenenza alla propria regione veniva reclutato abile a partecipare alla gara. Insomma la sensazione, mettendo a confronto ad esempio Tony Santagata e Rosa Balistreri, era di entrare nel primo caso in un negozio di souvenir per turisti, nel secondo invece in uno di reali antiche manifatture locali. Tutto poi veniva lasciato al giudizio delle giurie in sala prima e delle cartoline del pubblico poi, senza alcuna preparazione, spiegazione o presentazione. Soltanto, come nel caso dei colleghi di musica leggera, l’annuncio del cantante e il titolo della canzone. Certo si trattava di artisti che nella maggior parte dei casi in televisione ci finivano raramente, e di sicuro Canzonissima ’74 fu per alcuni di loro un piccolo balzo nella notorietà, ma la gara in quanto tale, per come era strutturata aveva poco senso e i cantanti che vi parteciparono si assoggettarono ad essa per un ritorno di popolarità inteso per alcuni a livello immediatamente commerciale, cioè in base al numero di dischi venduti, per altri invece era un’occasione rara da sfruttare per fare ascoltare quelle canzoni tradizionali che spesso erano dei piccoli/grandi capolavori nascosti…
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