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8 dicembre 2008

Mondo cane ovvero amici e guardati!

di Davide



Il cane è il migliore amico dell’uomo e, quindi, è uno degli argomenti più delicati da affrontare senza peli sulla lingua senza dover scatenare le ira dei più. Tutti amano i cani, molti li desiderano, altri li adottano, nutrendoli anche per strada. Però a pensarci bene dentro di sé l’uomo ha sempre sentito una certa avversione e una chiara superiorità nei confronti di questo animale. Non per niente uno che fa male il suo mestiere è un cane, ancor più quando canta (canta, appunto, come un cane), chi fa una manovra al volante in maniera pedestre la fa a …azzo di cane ( che quasi quasi verrebbe la perversione di vedere come ce l’ha stò cane!), per non parlare del linguaggio siculo con i suoi cagnolo, canazzo di bancata e di mannara, tutti per apostrofare persone di pessima qualità umana e morale.  Sarà per questo senso di colpa che molti con il cane ci dormono, lo baciano, gli lasciano patrimoni in eredità.  Eh, mondo cane! No, non si tratta di una imprecazione ma di semplice constatazione. La presenza del migliore amico dell’uomo, dopo il telefonino cellulare ed il telecomando della TV, incombe immanente su tutta la città. Dal vagabondo solitario, ai minacciosi branchi multietnici e plurirazza, dal “purosangue” al guinzaglio, allo zerbino peloso in braccio della mamma – padrona, ma più spesso ancora più visibili sono le indelebili tracce del loro passaggio sui marciapiedi. Cacche di tutte le fogge e colori. C’è il modello vorrei ma non posso, “la zillara” a pallina, c’è il colitico, la pozza, ed il campione da giunnes dei primati, c’è l’artista virtuoso, che fa i disegnini a spirale con ortografico svolazzo. Tutte scientificamente sparse in una composizione quasi armonica che sembrano i paletti dello slalom speciale. Quando scendi dalla macchina senti il bip bip del cancelletto di partenza e poi ..via, hop, hop, hop, i campanacci e le urla di incitamento che manco Tomba dei bei tempi. Quando vedo certi tappeti organici penso sempre alle vecchiette con il carrello della spesa o, soprattutto, ai bambini con lo zaino trolley che prima trascinano con indolenza portando via tutto quello che incontrano e poi se lo caricano sulle spalle o peggio, lo portano a casa restituendo il bottino sull’iroko di mamma e papà. Sui marciapiedi si vedono certi balletti dalle coreografie stravaganti e piene di creatività. Intere famigliole che zampettano tra un ostacolo e l’altro, un saltino a destra poi a sinistra, piroetta, tenendosi per mano. Se ti concentri durante la performance puoi sentire in sottofondo La gazza ladra di Rossini con crescendo finale e tripudio ad obiettivo raggiunto. Ma tanto prima o poi, proprio in quell’unico momento di distrazione, mentre tieni lo zaino di tuo figlio per non farlo trascinare sul percorso infido e pericoloso e redarguisci tua figlia (attenta a quella, occhio lì ce n’è un’altra..), succede l’irreparabile. Ma porca…proprio con le scarpe con il carrarmato, quella più infida, la merdasecca finta, quella che pare inoffensiva ma che all’interno mantiene tutte le sue peculiarità con l’aggravante che essendo ben frollata ha acquisito una fragranza imbattibile. C’è una frazione di secondo in cui ti passa tutta la vita davanti, resti paralizzato dall’orrore e non sai che fare, valuti anche la possibilità di buttare via la scarpa e tornare a casa scalzo, poi cominci a strofinarti su tutto ciò che abbia asperità e insceni un monnwalkin’ ispirandoti al video di Billy Jean di Michael Jackson con sottofondo di improperi sulla madre del padrone del cane e magari anche su quella del cane stesso, ree di rapporti contro natura ed incestuosi. Ti vengono in mente i pensieri più osceni ed inconfessabili, a cominciare col tappare il culo a tutti i cani sulla faccia della terra fino a farli esplodere sulla faccia dei vastasi padroni o meglio tappare quello di questi ultimi. Io penso sempre ad una scena, dalla greve ma efficace comicità, di un film, Io, me ed Irene nella quale il protagonista dalla multipla personalità, impersonato da un poliedrico Jim Carrey, dopo aver subito per mesi le cacche del cane del vicino sul prato del proprio giardino, trasformatosi nel suo doppio violento e vendicatore, restituisce pan per focaccia facendo la propria sul prato del maleducato vicino sotto i suoi attoniti occhi, seduto tranquillamente, leggendo il giornale che lui stesso gli ha prestato. Altra reazione è quella della disperazione sconfortata, del perchèproprioamme. E anche in questo caso la poca ironia rimasta mi riporta ad un divertente libro di Roddy Doyle intitolato Il trattamento Ridarelli in cui i Ridarelli sono degli gnomi che assoggettano gli adulti che maltrattano i bambini al proprio trattamento, appunto il trattamento Ridarelli, che consiste nel fargli pestare nei momenti più inopportuni, semmai ce ne fosse uno meno degli altri,  della cacche. Così osservando la suola mi capita a volte di girarmi attorno alla ricerca degli sghignazzanti Ridarelli memore dello scapaccione elargito la sera precedente a mio figlio. (continua)

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