IL FONDO DEL LUMINO
di Andrea Basso Sr.
Adesso vi voglio svelare un segreto: anni fa sono caduto dalla finestra. Si, proprio dalla finestra. E non mi sono fatto proprio niente. A quanto ricordo. Evidentemente il mio buon Angelo Custode, che Dio me lo custodisca sempre, che è stato sempre molto attento nei miei riguardi, specie in occasione delle fesserie che combino, ci mise una pezza lui. Ora qualcuno dirà che lo aveva già capito, leggendo le mie cose. Grazie, troppo scontata la riflessione. Questa ve la potevate risparmiare. Però vi assicuro che non sbattei la testa e le fesserie che scrivo sono invece il frutto di un dono di natura, diciamo così. Vi piaccia o no. E’ passato tanto tempo, ma me lo ricordo ancora oggi perfettamente. Le cose andarono così. Ero seduto sul davanzale della finestra che mi guardavo tranquillamente il passeggio, quando, ad un tratto, a causa di un movimento improvviso, sfuggii alla presa di mia madre che mi teneva saldamente, almeno come lei poi affermò, e precipitai giù. Dimenticavo di dirvi che avevo circa tre anni, e che abitavamo a pianterreno. Però sempre di una finestra si trattava ed allora a me sembrava molto alta. Sento ancora dentro le mie orecchie le grida di terrore di mia madre, che mi indussero a piangere, in quanto non sapeva se, per recuperarmi, doveva saltare giù pure lei dalla finestra o girare dalla strada. Cosa molto saggia che poi fece, anche perché i passanti mi avevano già raccattato, dicendo: “Un facissi raccussì, ca u picciriddu un si fici nienti.” Effettivamente era così, ma ciò non toglie che in quella occasione mi sentii al centro delle attenzioni di tutti. E’ questo il più antico dei miei ricordi, seguito da quello che sto per raccontarvi. Una mattina di un paio di anni dopo, mia madre mi mise un paio di pantaloncini nuovi. Che dico nuovi! Saranno stati di qualcuno dei miei fratelli che mi avevano preceduto, sdruciti al punto giusto, e riciclati al momento opportuno, come era di moda allora. Ma erano i primi che mi vedevo mettere e mi fecero sentire subito grande. Erano di colore marrone, con le bretelline della stessa stoffa, e cosa più importante, ci avevano le tasche. Che dire! Il potere avere delle tasche in cui metter le mie cose fu per me il massimo della gioia. Ci infilavo sempre di tutto. Tutto quello che per me era importante avere in tasca. Ma ricordo che tre cose non mi mancarono mai: un pezzo di spago, un tappo di gazzosa e il fondo di un lumino! Non mi chiedete a cosa mi potevano servire perché non l’ho saputo mai. Ma certo mi davano un senso di sicurezza. Tipo la coperta di Linus.
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