Ch’è bellu stu stillariu
di Andrea Basso Sr.
Quando
si approssimava l’inizio della quindicina della Madonna Assunta, si
cominciavano a vedere, in giro per il rione, le varicedde,
preparate con grande cura dai vari gruppi di ragazzi.
Si
prendeva una cassetta per la frutta, ovviamente vuota, e delle
dimensioni desiderate, si ci inchiodavano i piedi e le quattro aste
per portarla, quindi si tappezzava tutta attorno con carta azzurra.
Sopra vi si collocava l’Assunta ed attorno si mettevano i lumini.
Ma la cosa più importante era la scelta dello Stillariu che era
determinante per la bellezza d’insieme della varicedda, ma che
influiva in maniera determinante sull’insieme della spesa.
Ed
i ragazzi andavano in giro per le strade del rione, al canto di “Ch’è
bellu stu stillariu” e chiedendo, a volte, anche qualche soldino,
per ripagarsi le spese sostenute ed anticipate dalle madri.
E
mio padre organizzava il concorso rionale, premiando la varicedda più
bella.
Anche
noi, ogni anno, ci mettevamo a camurria per avere fatta la nostra
varicedda di famiglia. E venivamo puntualmente accontentati.
Ma
non potevamo portarla in giro per le strade, perché dicevano che
eravamo troppo nichi, e non volevano.
Ed
allora ci accontentavamo di portarla in giro per un giardinetto
interno, ad uso esclusivo, in cui si accedeva da casa nostra. E per
noi era il massimo. Ed andavamo girando, portandoci questa
varicedda, e cantando a squarciagola:
U
quindici d’austo
Si
furmò ‘na parintela
E
Maria port’a bannera
Pi
tutta la città.
Ecc.
ecc.
Chè
bellu stu stllariu
Chi
tiniti attornu attornu
Quannu
veni lu vostru iornu
La
festa ci sarà.
Ed
un giorno, mentre eravamo dediti a queste pie funzioni, mia madre ci
chiamò, che c’era la pasta a tavola, evento pure tanto importante,
specialmente con i tempi che correvano.
Finito
il lauto pranzo, corremmo subito per portare a termine le nostre
funzioni, secondo una prassi consolidata e di nostra creazione.
Ma
la scena che si presentò ai nostri occhi fu raccapricciante. Era
successo che la varicedda era stata raggiunta dai raggi del sole,
che, anche mentre noi mangiavamo, continuava inesorabilmente per la
sua orbita, e la Madonna era rimasta sfigurata. Dato che allora, non
essendo stata ancora inventata la plastica, era fatta di cera.
Mio
fratello, che già allora aveva qualche anno più di me, assorbì
facilmente il colpo, rendendosi subito conto di cosa fosse accaduto,
ma io cominciai a piangere ed a gridare che mia madre non riusciva ad
accordarmi in nessun modo.
E
dovettero faticare pure a convincermi a guardarla, anche dopo che
mio padre, non appena ritiratosi dal lavoro, di gran corsa, andò a
comprare un’Assunta nuova e la sostituì a quella sfigurata.
Me
lo ricordo come se fosse successo ora.
Ma
ora dove sono finite le varicedde? Ed i ragazzini che fanno?
Forse
vanno su internet e, nel tempo libero, si scambiano continuamente
messaggini.
Come
cambiano i tempi!
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