Padre Pino Puglisi 'martire' perché testimone di verità e d'amore
di Fra' Domenico Spatola
Presto insieme a Santa Rosalia e agli altri Compatroni di Palermo e della Sicilia, invocheremo “Beato“ padre Pino Puglisi, dichiarato ufficialmente “Martire”, cioè testimone della Verità e del Vangelo fino alla eroica morte. La sera del 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno, sull’uscio di casa fu freddato da due spietati sicari della mafia, oggi rei-confessi e convertiti, i quali al loro balordo gesto, si sentirono rispondere dalla vittima: «Me l’aspettavo!». In questa frase è la chiave di svolta del cammino in ascesa, lungo diciannove anni, per convincere chi di dovere a riconoscere al Nostro il titolo canonico di “Martire della Chiesa”, riservato a coloro che per la fede hanno consegnato ai carnefici anche la vita. Certamente nelle molteplici azioni intimidatorie subite e che hanno preceduto il gesto fatale, don Pino avrà superato l’umana paura, riflettendo sulle parole del Vangelo: «Non temete coloro che possono uccidere il vostro corpo..., temete piuttosto coloro che vi vogliono togliere l‘anima», come la libertà, aggiungiamo noi. Padre Puglisi nella “parrocchia di San Gaetano“ a Brancaccio, inerme e con la sola forza del Vangelo, opponeva, alle logiche insolenti quanto violente di coloro che non sopportavano ostacoli ai loro loschi affari, il discorso evangelico delle ‘‘Beatitudini ‘‘, reso più credibile dalla sua vita grondante umanità. Il suo torto? Quello imperdonabile di volere strappare alla malavita la manovalanza procacciata tra le fasce giovanili, le più deboli e indottrinate a mitizzare i prepotenti e assumerli a modelli di vita. Padre Puglisi, dal fine intuito, non solo seppe coraggiosamente tuonare dall‘altare contro i nuovi trafficanti di schiavitù e la fabbrica della morte, ma andò egli stesso per le strade del quartiere a convincere i più giovani a seguirlo negli ideali del Vangelo e della legalità, fondamento irrinunciabile per ogni convivenza civile. Altri martiri, non meno significativi ha purtroppo prodotto in quel periodo questa nostra grande e sventurata terra di Sicilia, e tutti votati al sacrificio per garantirci libertà e dignità. Falcone e Borsellino sono rappresentativi dello stuolo innumerevole di eroi che hanno segnato quella stagione con il sangue, versato per l’ideale nobile di assicurare un futuro alla nostra Terra, sottraendola all’oscurantismo più dispotico. Meritano perciò anche essi encomio ed eterna gratitudine. E’‘ lo stesso Padre Puglisi a chiederlo, avendoli sperimentati compagni nel combattimento della buona battaglia. Le tematiche del Vangelo ispirarono le scelte pastorali di Padre Puglisi e anche quelle dell’altro indimenticabile campione della difesa della legalità in stile tutto cristiano: Rosario Livatino, stimmatizzato da qualcuno con facile sarcasmo come “giudice ragazzino”. Gli stessi ideali vennero condivisi anche se in modulazioni diverse ma con identica efficacia da tutti coloro che non hanno anteposto i propri interessi al bene comune e non si sono lasciati intimidire dalle minacce, rivelatesi nel tempo tragicamente severe. A distanza di due decadi da quell’anno orribile (1992) nel quale qualcuno, lasciandosi vincere da umano sconforto, ebbe a scrivere nel luogo del delitto di Borsellino e della sua scorta «Qui è morta la speranza dei Palermitani!», Padre Puglisi con la sua confessione aperta continuò a sfidare le occulte potenze del male. Queste infatti, in quel frangente, parevano onnipotenti e invincibili, ma il “Credo” di don Pino e le angherie subite contro la sua persona e le sue cose irrobustirono prodigiosamente il suo animo che rimane modello non solo da elogiare ma da imitare, soprattutto in questa nostra Regione dove gli esempi spesso non sono emulativi. Prevale infatti a tutt’oggi parecchio arrivismo politico e molta idiozia incapace a formulare leggi che aiutino questa nostra Terra a liberarsi dagli atavici pregiudizi di impotenza e di fatalistica rassegnazione, ed evitare così l’emorragica emigrazione dei giovani, che in ogni Società costituirebbero il migliore investimento per il futuro, mentre da noi sono troppi i cervelli che vanno a rinfoltire risorse altrove. Condividiamo appieno l’esultanza delle Chiese siciliane e di quella di Palermo in particolare insieme al nostro arcivescovo cardinale Paolo Romeo e al suo ausiliare Carmelo Cuttitta, i quali, il 28 giugno scorso, raggianti di felicità hanno potuto finalmente dare all’intera Diocesi e al mondo la notizia che il Santo Padre ha sbloccato ogni impedimento canonico all’iter della beatificazione, ora sicuro e veloce, di don Pino Puglisi, uomo e sacerdote di cui non si può non andare fieri, e che in più, nelle nostre liturgie, potremo anche invocarne l‘intercessione per essere, come lui, in grado di testimoniare l’amore fattivo, proposto da Gesù a ideale per i suoi discepoli.
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