Ricordo di un amico
di Padre Domenico Spatola
A volte provo nostalgico il ricordo di Andrea. Lo incontrai intelligente e sornione. Sapeva criticare anche se stesso. Ogni mattina non mancava alle preci conventuali, da quando era venuta a mancare la sua adorata Maria. Scherzava anche sul cognome: lei Andò, lui Basso, faceva capire cosa fosse capitato a lei, sposando lui. Passava il suo tempo, diventato copioso, a scrivere, nello studio del fratello. Puntualmente ascoltavo, il mattino dopo, meravigliato della bravura e dello stile. Fotografava scene in racconti da realismo pirandelliano e verismo alla Verga. Ero con lui ascoltatore e mi sentivo immerso nel racconto che egli faceva mio. Rapsodiava della sua infanzia, della prima comunione nel giorno in cui Mussolini dal balcone di piazza Venezia dichiarava guerra all'Inghilterra e alla Francia, a "spezzaregli le reni" (sic!). Ricordò che gli rovinò la festa e i gelati "squagliati", perché i grandi, presi dal Duce, erano incollati alla radio, per il discorso fatale. E anche degli altri racconti, sempre tra amici. Senza retorica e con molta ferialità. Gli imposi di pubblicarli, ma solo lui non li riteneva all'altezza e per l'ottantesimo suo compleanno, i figli l'omaggiarono del libro "Birimbo birambo". Ne riservò una copia "speciale", che disse per me. Mi ringraziava perché aveva creduto nella sua arte e, dopo i consensi anche extra familiari, egli si andava, non senza remora, convincendo del valore. Ogni mattina al bar, iniziavamo con le più diverse impressioni, ma io ero famelico dei suoi racconti, che mi faceva rivivere con arguzia. A volte li trovavo spettralmente tristi ma su tutti c'era da lui il velo della compassione. Raccontavano della guerra e del dopo, riuscendo quasi minuscoli francobolli, icastiche storie in miniatura, dei poveri e dei tanti disperati, che la storia dei libri non racconta. Lo rividi sul finale, con la sciarpa rosa-nera, insignito "il più longevo tifoso affezionato, discreto e vibrante, del Palermo", sua squadra del cuore per oltre mezzo secolo. Poi solo nostalgia, e... tanta.
|