Prelibatezze della cucina siciliana: u Taganu
di Davide
Bella e fantastica, la nostra terra. Piena di tradizioni, nate dalla nostra
travagliata storia, fatta di dominazioni, di mescolanze di gente del nord e del
sud. In particolare a tavola i sapori e i gusti più disparati hanno trovato
sfogo grazie alla ricchezza di ciò che offriva la natura, dal mare ai monti,
dal pesce ai formaggi, alle erbe aromatiche. Il tutto poi ha trovato la sintesi migliore
nella trasposizione di questi piatti sulla tavola del popolo dove il tocco
d’artista lo ha fatto il bisogno, la povertà di tasca abbinata alla fantasia ed
alla ricchezza dell’inventiva. La cucina siciliana ha così esaltato il
principio del non si butta niente, dei piatti fatti con poco, a volte con ciò
che c’è, approdando così a risultati a volte opinabili o comunque che
necessitano una certa educazione del palato. Come il ricorrente agro dolce di
provenienza araba, dalla caponata di melanzane (la ricetta originale prevedeva
l’uso del pesce (!!!!!!), il capone, da cui caponata, sostituito dai contadini
dalla più povera melanzana), alla pasta con i broccoli in tegame, all’uso
frequente e a volte indiscriminato dei passolini e pinoli nei condimenti e nei
ripieni. Certo a volte si è esagerato un po’, così non
è raro che alcune pietanze, divenute simbolo della cucina locale di questa o
quella cittadina lasciano più d’un commensale senza parole. Ad esempio, quest’anno per Pasqua ho ricevuto
da un amico un presente che ad un primo esame superficiale appariva come una
consueta e, comunque, graditissima colomba artigianale proveniente dal paese di
lui, Aragona, in quel dell’agrigentino. Pronto a farne sfoggio nel dopopranzone
pasquale, grande sorpresa fu per tutti, ma soprattutto per me che non avevo
nemmeno una alternativa d’emergenza, scoprire che si trattava invece di una
torta di pasta dal nome minaccioso di “u tagano di Aragona”. D'altronde c’era
pure scritto sulla scatola, del resto però abbastanza anonima e, soprattutto,
non riportante gli ingredienti. Aperto il sottovuoto che confezionava questa
sorta di torta, i più coraggiosi e curiosi hanno deciso di assaggiarlo. Mal ce
ne colse, perché se fossi aragonese, tacerei l’esistenza di questo vanto locale
glissando e proponendo altro. Da allora “u tagano” è diventato per parenti
e, soprattutto, per amici, un piatto fantozziano dal gusto e dagli effetti
misteriosi e grotteschi sullo stomaco e sulla salute di chi ha la sfortuna di
imbattersi in lui a tavola. Così come è cominciato a crescere il mito degli
aragonesi, cresciuti a pane e “tagano”. O perlomeno sulla cui esistenza incombe
la figura mitica del “tagano”. “Se non fai il bravo ti do il “tagano”dicono
al bambino capriccioso, oppure “Non ti allontanare sennò viene il “tagano” e ti
mangia”, mentre i regolamenti di conti si fanno da secoli a colpi di “tagano” e
ai carcerati piuttosto che il classico pane ed acqua si dava il “tagano” rimasto
dalla Pasqua. Infatti il Tagano è un piatto pasquale,
tradizione della città di Aragona oggetto di una apposita sagra omonima che si tiene
ancora oggi la seconda domenica di Pasqua. Il nome deriva dal tegame in cui veniva
cucinato, di argilla cilindrico a pareti alte che veniva rotto per sformarne il
contenuto. Si tratta di un pasticcio o timballo di maccheroni, in bianco,
particolarmente ricco con uova e tuma, cotto in forno. Secondo la leggenda fu
creato da una contadina che aveva venduto tutti i suoi prodotti e volle
ugualmente preparare un piatto per la festa, utilizzando quindi tutto ciò che
aveva a disposizione, e qui torna la cultura contadina, povera, e il riutilizzo
di quanto disponibile come forma di ricchezza, alla faccia della semplicità e
della rigorosità del gusto a cui si oppone l’opulenza barocca della
molteplicità degli ingredienti. La ricetta è la seguente : 1 kg di maccheroni, rigatoni o
cavatuna, 1 kg
di tuma, 1/2 kg di carne tritata di vitello o maiale cotta, fino ad una
sessantina (si proprio sessanta, non una di meno) di uova da sbattere con brodo
di pollo (circa 1/4 di l), zafferano, prezzemolo e cannella. Si dispone a strati
di pasta, carne, e uova, ricoprendo con tuma affettata e infornando. Spesso si
usa mettere pane raffermo come copertura superiore e rivestimento del fondo del
tegame unto di strutto, aggiungendo anche pecorino all'impasto liquido di uova,
di modo che il pane assorba l'eventuale eccesso di liquidi. Talvolta la carne
tritata viene aggiunta facendone polpettine inserendo anche uova sode
affettate. Se volete potete provare a farlo oppure andare ad Aragona sotto
Pasqua e provare l’originale, ognuno è padrone del suo destino, parafrasando
una battuta di Verdone, in bocca al colesterolo. Ah, dimenticavo. Se chi legge è
originario o vive ad Aragona e pensa che u tagano sia una vera prelibatezza ed
un vanto della sua terra o magari lo ha solo assaggiato e lo trova
semplicemente sublime porti pazienza e non si adiri. Come ha detto una docente
universitaria alla discussione della tesi di un mio amico, alla quale ero
presente, “comunque, ciascuno è soggettivo” e ogni altro commento sarebbe
superfluo davanti a tanta saggezza.
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