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28 ottobre 2008

Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - 32- Un disco per l’estate 1967

di Dario Cordovana



Siamo ormai alle soglie della bella stagione, e nel 1967 ancora una volta questo vuol dire “Un disco per l’estate”, rassegna ormai alla quarta edizione. Come vedremo si tratta di un’edizione più positiva rispetto all’anno precedente e che lancerà almeno un paio di canzoni da ricordare. Ai nastri di partenza le canzoni sono una cinquantina, ma alle semifinali si qualificheranno in venti.

Vediamo, tanto per stare allegri, di parlare delle vittime di quelle eliminatorie; alcune indolori (nessuno si dispera per la perdita di “L’amore ce l’hanno tutti” di Marcella Perani, con gli “immortali” versi: “Ma l’amore ce l’hanno tutti/ce l’hanno i belli ce l’hanno i brutti”), altre lasciano qualche rimpianto (“Ciao arrivederci” di Tony Cucchiara, “Guardami negli occhi” dei Nuovi Angeli, con una divertente atmosfera retrò, “Ho perduto te” di Carmen Villani), altre ancora avrebbero decisamente meritato di passare il turno, in particolare “Senza di te” di Fausto Leali, che infatti verrà poi ripresa da Ornella Vanoni, convinta della bontà della canzone; “July 367008” di Gian Pieretti, un folk-beat (come si diceva all’epoca), con tanto di organo elettronico (Bontempi?) in primo piano, altra buona prova dell’autore del successo sanremese di Antoine, al quale appunto le giurie del disco-estate hanno “tirato le pietre”; miglior sorte avrebbe anche meritato “Quel momento” di Iva Zanicchi, pezzo musicalmente coraggioso che forse viene penalizzato dalla voglia di dire troppe cose in un solo brano (la coda è addirittura morriconiana!).

Non riesce a passare il turno neanche Pino Donaggio, che presenta un pezzo ritmato decisamente anomalo nella sua produzione. Forse, venendo dall’inverno, era il titolo della canzone (“Un brivido di freddo”) ad essere fuori luogo. E niente da fare anche per Gianni Pettenati (“Io credo in te”), con una canzone che lo fa assomigliare troppo a Gianni Morandi. E non c’è niente da fare, allora come oggi, anzi più di oggi, per sfondare bisognava essere personali. E Pettenati (che già aveva deluso con “La rivoluzione” a Sanremo) rischiava di diventare un “one hit wonder”, cioè di fermarsi al suo primo successo “Bandiera gialla”…

Rimangono fuori dalla semifinale due generi estremi: la canzone napoletana (rappresentata dal solo Nino Fiore con la prudente “Accarezzame e nun me vasà”) e il beat di gruppi come gli Scouters (“Mi seguirai”, magari un’altra volta), gli Snakes (“Tanta parte di male”) e i Delfini (“Beat, beat, hurrah!”, aagh!).

Per le semifinali si parla molto bene di Jimmy Fontana, Gigliola Cinquetti e di un occhialuto quasi debuttante di Cellino San Marco che ha presentato una canzone molto interessante, dal titolo “Nel sole”…..


GIANNI PETTENATI CANTA "IO CREDO IN TE" 



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