Ora che il buon Mike è andato a fare i suoi quiz da qualche altra parte noi siamo rimasti con la curiosità di vedere questo famoso “Riskytutto” di cui si è tanto parlato. E quando dico noi intendo noi che ci ricordiamo l’originale, il “Rischiatutto” che accompagnava i nostri giovedì sera all’inizio degli anni settanta. Ma cos’era il “Rischiatutto” che Mike Bongiorno definì “il mio quiz più bello”? Versione italiana ispirata all’americano “Jeopardy!”, il Rischiatutto durò per cinque edizioni dal 1970 al 1974. Il gioco si divideva in tre fasi: nella prima venivano introdotti i tre concorrenti (gli sfidanti – insieme – e il campione in carica) che dovevano rispondere a dieci domande sulla loro materia prescelta. Ogni domanda valeva 25.000 lire e concorreva a formare il montepremi che il concorrente portava in cabina, ovvero alla seconda fase. Questa si svolgeva con un tabellone che conteneva sei materie di vario tipo (pare che ogni concorrente ne scegliesse due) con domande da 10, 20, 30, 40, 50 e 60(mila lire); il concorrente incamerava la somma se rispondeva esattamente, in caso di risposta errata perdeva invece la posta scritta nella casella e dava la possibilità ad un avversario di rispondere. Ogni materia aveva una casella Jolly che permetteva al concorrente di incamerare la somma senza rispondere alla domanda e una casella Rischio. Quest’ultima era la chiave del gioco. Il concorrente che vi capitava doveva giocare o per meglio dire “rischiare” da un minimo di 100.000 lire a un massimo di un milione. E se azzeccava la risposta (per la quale aveva 30 secondi di tempo, al posto dei 10 delle normali domande del tabellone che erano a prenotazione) aveva la possibilità di mettersi alle spalle gli avversari. Inizialmente le giocate sul rischio erano alquanto timide, (“Quanto rischia?”, “250.000”, “Un bell’applauso, complimenti!”), cosicchè si vinceva relativamente poco. Anche Giuliana Longari, una delle prime supercampionesse e quella che alla fine deterrà il record di durata si porterà a casa solo 13 milioni, mentre poco oltre i 16 milioni sarà la vincita di Gianfranco Rolfi, un campione all’epoca notissimo, ma così insofferente alla popolarità che nelle ultime due puntate farà di tutto per perdere e poi rinuncerà persino alla sfida finale dei supercampioni…per farsi prete! La prima scossa venne data da Ernesto Marcello Latini un simpatico tabaccaio di Monteporzio Catone che sarà il primo a rischiare un milione. Ma non solo Latini era un personaggio, molti altri erano i campioni che rimanevano nella memoria a cominciare dal dottor Massimo Inardi, che si presentava sulla musica sinfonica, ma che era esperto di parapsicologia, al punto che qualcuno malignava che leggesse le risposte nel pensiero di Mike Bongiorno! O ancora Andrea Fabbricatore, farmacista di Firenze esperto di geografia, dagli occhi spiritati e dotato di un impagabile finto candore. Arrivò anche a girare un film. Ai tempi di Marilena Buttafarro, detta “la fatina” i concorrenti avevano capito cosa dovevano fare per vincere: andare a caccia di tutti i Rischi per toglierli agli avversari, svuotando di significato le altre caselle (ecco il grosso limite del gioco al tabellone!) perché date le loro somme esigue, non potevano permettere agli altri concorrenti di recuperare il terreno perduto. A questo punto i concorrenti passavano alla terza fase, dalla quale erano esclusi quelli che nel gioco al tabellone erano finiti sottozero, ovvero quella che permetteva rispondendo ad una domanda complessa sulla propria materia in un minuto, di raddoppiare la somma messa da parte. Se il concorrente non riusciva a raddoppiare scendeva a quota zero. C’era un clima da “giorno del giudizio” quando la valletta-filosofa (perché iscritta al primo anno di Lettere e Filosofia) Sabina Ciuffini portava le buste a Mike che chiedeva al concorrente chiuso in cabina: “Quale busta sceglie, la uno la due o la tre?” Seguiva la proclamazione del vincitore che aveva diritto a tornare la settimana successiva. Alla fine dei primi tre anni Mike organizza la supersfida dei campioni, convinto di chiuderla lì con il “Rischiatutto”: si affrontano Massimo Inardi, Marilena Buttafarro, Ernesto Marcello Latini, Andrea Fabbricatore, Anna Mayde Casalvolone, Paolo Paolini, Giuliana Longari, Umberto Ruzzier e Giampaolo Lusetti (al posto del rinunciatario Rolfi). Vince la finalissima Inardi davanti a Fabbricatore e alla Buttafarro. Il Rischiatutto però non si fermerà lì, ci saranno altre due edizioni con qualche modifica nel regolamento (saranno introdotti il SuperRischio e il SuperJolly), e un’altra serie di supercampioni con relativa finalissima. Di questi resta nella memoria collettiva non tanto la vincitrice, Maria Luisa Migliari esperta di gastronomia, ma il sub Enzo Bottesini, per via di uno scontro con il più noto sportivo Enzo Maiorca che impedirà a quest’ultimo (che al Bottesini non la manderà a dire) un tentativo di record di immersione. Qualche altro nome: l’esperto di scacchi Angelo Cillo, l’avellinese purosangue Antonio D’Urso, il futuro sindaco Gabriella Mondello, il pacioccone Domenico Giacomino di Ciriè in provincia di Torino e l’ultima campionessa Roberta Bestetti. Ma per il Rischiatutto dopo 5 anni di trionfi era ormai giunto il momento di chiudere il sipario…
Dedicato a Sandro Lodolo, autore della sigla iniziale, scomparso lo stesso giorno di Mike.
Allora, dopo alcune ricerche sono riuscito a rintracciare Paolo Paolicchi. Era un campione non di "Rischiatutto", ma di "Scommettiamo?" (il quiz di Bongiorno che ne prese il posto). Si presentava su Franz Kafka e vinse per 4 settimane di seguito strappando il titolo a Secondo Gaiani e perdendolo contro Vittorio Lorenzi, per una vincita totale di 15.190.000 lire.
Facile confondersi con due concorrenti dal nome quasi uguale, ma sono andato a controllare perchè ho alcune puntate del Rischiatutto in videocassetta. Il concorrente di cui parlo si chiama Paolo Paolini, rispondeva a domande sull'astronautica e diventò campione battendo la "fatina" Marilena Buttafarro; poi partecipò alla prima finale dei campioni. Per quanto riguarda Paolicchi vado a memoria e mi pare di ricordare che invece partecipò alla seconda finale, quella del 1974.
Il concorrente ricordo benissimo che si chiamava Paolicchi (non Paolini); era studente alla Normale e si interessava di astrofisica, ma rispondeva a domande su Kafka e aveva alcuni curiosi tic facciali.
Da bambino e da ragazzo, cioè dai 5 ai 19 anni (dal 1956 al 1970) ho abitato a 200 metri dalla casa di Mike, nella stessa via Giovanni da Procida, a Milano: la mia casa faceva angolo con via Savonarola, la sua era tra gli incroci con via Domodossola e via Filelfo; la sede della RAi era vicinissima, nella traversa successiva di C.so Sempione. Abitavo all’ultimo piano, così da un balcone potevo vedere il suo attico e superattico, contorniato di painte che salvaguardavano la privacy; Mike, però, non lo incrociavo mai andando a scuola per quella via. Vedevo spesso, invece, le sue auto americane posteggiate sotto casa, solo di giorno. Ricordo, in particolare, verso il 1960-62 (non sono proprio sicuro, ma quasi) una imponente Ford bianca, cabriolet, con gli interni e il volante rossi e le grandi pinne sulla coda.
Il fatto di questa vicinanza rendeva la mia famiglia autorevole agli occhi dei nostri parenti torinesi, come se si trattasse di un onore! A me era invece indifferente, perché i miei miti di ragazzo delle scuole medie erano Gaiardoni (ciclismo su pista) e Bartali, anche se da anni già ritiratosi dalle corse. Poi vennero i Beatles, a spazzare via tutti gli altri miti, e poi ancora l’ingresso inquieto e tormentato nell’adolescenza, col suo carico di infelicità che non tollerava miti di sorta. Col ’68 rinacqui, e i nuovi miti furono Marx, Gramsci e Mao Zedong (allora si scriveva Tse Tung).
Ma quella vicinanza è tornata a lievitare nell’ora del suo passaggio alla nuova vita, apprendendo dai giornali che continuava ad abitare lì: buon viaggio, Sandro Lodolo!
Sandro M.