La prima canzone della seconda serata mi fa pensare, chissà perché, ad Amadeus. Il titolo è “Baci baci baci” ed è un motivetto allegro e senza pretese affidato alle cure di Wilma Goich e delle Sweet Inspirations (nel quale gruppo c’era nientepopodimenochè la mamma di Whitney Houston). Essendo senza pretese non aveva neanche quella di arrivare in finale e difatti…Stessa sorte per “Una famiglia”, drammone familiare non spregevole di Memo Remigi e Isabella Iannetti (che di solito si vedeva più spesso al “Disco per l’estate”). E’ uno dei tanti brani esclusi con qualche rimpianto dalla finale. Per esempio come si fa a posteriori a comprendere l’eliminazione di due pezzi da novanta (e all’unica apparizione al Festival) come Gabriella Ferri e Stevie Wonder? Il pezzo, “Se tu ragazzo mio” o “Se tu ragazza mia”, secondo chi dei due la cantava, partiva con una bella strofa melodica e poi si scatenava nel ritornello assumendo contorni quasi jazzati. Forse un po’ troppo avanti per le orecchie delle giurie sanremesi che avevano ancora in testa quel “simpatico” motivetto, com’è che faceva? Ah sì! “La pioggia/non bagna il nostro amore quando il cielo è blu… Bene si comporta ancora una volta Fausto Leali con “Un’ora fa” (“Cattedrale di pietra e shasshiii…”), che stavolta ha come partner Tony Del Monaco da Sulmona. Altri rimpianti per “Non c’è che lei” di Carlo Alberto Rossi, bel brano affidato a due cantanti (Armando Savini e Sonia) dalla malferma popolarità. Verrà successivamente ripreso da Mina in un suo album dal titolo chilometrico. A seguire uno dei brani più discussi del Festival, ovvero “Zingara”, brano che si dice sia stato composto in gran segreto da Gianni Morandi, uno che per altro al Festival non si decide ad esordire. E’ un pezzo immediato che costituisce un’occasione di rilancio per Bobby Solo e un’opportunità di decollo definitivo per Iva Zanicchi. Interessante anche la terna seguente, non tanto per “Piccola piccola” che arriva in finale per le voci di Carmen Villani e Alessandra Casaccia, lascia poche tracce e poi inopinatamente vince un festival in Giappone, ma per “Il treno”, delicata canzone che priva per soli tre voti Rosanna Fratello di una finale all’esordio a Sanremo (e c’è da dire che il suo partner, Brenton Wood, non l’aiuta molto), e ancor di più per “Lontano dagli occhi”, altra splendida canzone di Sergio Endrigo che minaccia seriamente di fare il bis della vittoria dell’anno precedente. Anche la sua partner, l’inglese Mary Hopkin, lanciata da Paul McCartney con “Those were the days” (“Quelli eran giorni”), non se la cava male: è intonata e la pronuncia italiana è sopra la media degli inglesi. Certo in Italia non è popolare come Solo e la Zanicchi, e lo stesso Endrigo avrebbe preferito come partner un altro cantante uomo. Infine le ultime tre canzoni, tutte finaliste: “Il gioco dell’amore”, più adatta allo stile di Caterina Caselli che a quello di Johnny Dorelli, “Quando l’amore diventa poesia”, per la quale vale il commento di una dei due interpreti (l’altro è Massimo Ranieri), ovvero Orietta Berti: “Quando voglio fare bella figura, canto questa canzone…”, e la Berti non è una scema. Chiude “Bada bambina”, vivace motivo che ripropone l’accoppiata di “Cuore matto”, Little Tony e Mario Zelinotti. La finale si rivela una lotta a due tra “Zingara” e “Lontano dagli occhi”, con la prima che prevale di pochissimo. Terza piazza per “Un sorriso” di Don Backy, Battisti è nono, ma per lui, ormai lanciatissimo, Sanremo è soltanto…”Un’avventura”…
“Se tu ragazzo mio” o “Se tu ragazza mia” (Gabriella Ferri e Stevie Wonder)