La calunnia è un venticello
di Zorry Kid
Il barbiere di Siviglia è sicuramente l’opera più famosa di Gioacchino Rossini. Il
grande Pesarese (grande in tutti i sensi, visto che a giudicare dai
ritratti pesava parecchio) la scrisse in due sole settimane nel lontano
1816: un successo eccezionale che dura ancora oggi, anche se la prima
rappresentazione fu un vero fiasco (evento non raro nel mondo della
musica, basti pensare, ai giorni nostri, al Vasco Rossi di “Vita
spericolata” che arrivò ultimo a Sanremo nel 1983!). L’opera
è famosa (oltre che per essere veramente spassosa - se messa in scena
da un regista capace), per avere soppiantato la versione di Paisiello,
ai tempi più famosa, e soprattutto per alcune delle sue “arie”
universalmente note. Basti
pensare a “Largo al factotum” (quella di “Figaro là, Figaro qua”)
cantata dal protagonista, il barbiere tuttofare Figaro, ed a “Una voce
poco fa” cantata da Rosina, la protagonista femminile, promessa sposa
del suo vecchio Tutore (Don Bartolo), ma innamorata del Conte
d’Almaviva. C’è
però un aria, cantata da un personaggio secondario, Don Basilio,
maestro di musica di Rosina, personaggio un po’ scapestrato e dai
principi tutt’altro che nobili, che oltre a essere molto divertente è
anche perfettamente in linea con quello che accade sotto i nostri occhi
tutti i giorni (soprattutto in politica, ma non solo): “La calunnia è un
venticello”. Descrive
il metodo antichissimo e tuttavia attualissimo per rovinare
pubblicamente (e possibilmente eliminare fisicamente) un proprio
avversario (in amore, in politica, in qualsiasi campo). Si tratta di spargere in giro delle voci (vere o false, non importa) che infanghino il più possibile il proprio nemico. Tipo
quella che girava un po’ di tempo fa negli ambienti dello spettacolo:
“... a Pippo Baudo puzzano i piedi” oppure “George Clooney è gay”.
Magari non sarà vero (bisognerebbe chiedere a Elisabetta Canalis ..) ma
in ogni caso getta discredito su un personaggio pubblico, mettendolo in
cattiva luce. Il
testo (del librettista Cesare Sterbini) in questo senso è davvero
illuminante e la musica di Rossini, coi suoi famosi “crescendo”,
sottolinea benissimo il nascere e crescere degli effetti della calunnia,
che prima sono paragonati ad un semplice venticello, via via, col tempo
diventano un vero temporale al termine del quale il poveretto vittima
della calunnia “sotto il pubblico flagello, per gran sorte va a crepar”. L’opera
di cui vi parlo è andata in scena in questi giorni (settembre 2010) al
Teatro Massimo di Palermo, riscuotendo un notevole successo, merito non
solo dei cantanti e dell’orchestra ma anche (e soprattutto, secondo me)
della divertentissima regia di Francesco Micheli. Vi
propongo di leggere e poi ascoltare (o viceversa) proprio “La calunnia è
un venticello” cantata dal bravissimo baritono palermitano Simone
Alaimo.
La calunnia è un venticello
La calunnia è un venticello / un'auretta assai gentile che insensibile sottile / leggermente dolcemente / incomincia a sussurrar. Piano piano terra terra, / sotto voce, sibilando / va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente / s'introduce destramente, e le teste ed i cervelli / fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo / lo schiamazzo va crescendo: / prende forza a poco a poco, / scorre già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta / che nel sen della foresta, va fischiando, brontolando, / e ti fa d'orror gelar. Alla fin trabocca, e scoppia, / si propaga si raddoppia / e produce un'esplosione come un colpo di cannone, / un tremuoto, un temporale, un tumulto generale / che fa l'aria rimbombar. E il meschino calunniato / avvilito, calpestato sotto il pubblico flagello / per gran sorte va a crepar.
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