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21 ottobre 2010

Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - Arrivano Morandi e Villa

di Dario Cordovana



La quinta puntata di Canzonissima vede il vincitore dello scorso anno, Gianni Morandi, detto l’asso pigliatutto, presentare il suo successo del momento, la versione italiana del brano “Pretty Belinda” di Chris Andrews, già autore del repertorio di Sandie Shaw. In italiano la canzone diventa semplicemente “Belinda” e ha il “merito” di tramandare ai posteri gli immortali versi: “Bella Belinda è innamorata/parla da sola con l’insalata…”. Il pubblico gradisce ancora, ma il suo dominio non sembra più incontrastato. Basta e avanza però per vincere la puntata. Alle sue spalle si piazza Sergio Endrigo, il cantautore polacco (beh, veramente non si dovrebbe dire così, come si dice quando uno è di Pola?) se la cava con il decorato pezzo di Sanremo, “Lontano dagli occhi”. Per la serie: quando una canzone è bella, anche a distanza di tempo non si può non votarla…Per il terzo posto non ci sono discussioni: va a Marisa Sannia con “Una lacrima”, un pezzo spagnoleggiante e orecchiabile. Rimandato Mino Reitano con una canzone dedicata alla sua terra (“Gente di Fiumara”), che il buon Mino canta “sommessamente” a squarciagola. Quinto Herbert Pagani con la forse troppo raffinata “Cento scalini”. Chiude Rocky Roberts, con un brano soul molto meno indiavolato del solito (“Ma non ti lascio”).
Poteva mancare il reuccio a Canzonissima? Certo che no: eccolo qua alla sesta puntata cogliere più voti di tutti con una canzone che gli era valso il primo posto al Festival di Spalato. La canzone si intitola “Il tuo mondo”; niente a che vedere con “Il mio mondo” di Umberto Bindi; quella di Claudio Villa fa: “Vorrei tornare indietro per un momento/ma il tempo non si ferma e corre lontano/io stringo forte a te la piccola mano…” Una canzone fatta su misura per il cantante romano. Alla sua prima Canzonissima bene si comporta Nada, che dopo un inizio d’anno folgorante aveva suscitato qualche dubbio sulla sua capacità di confermarsi: la sua canzone “Che male fa la gelosia”, presenta un arrangiamento moderno e al passo coi tempi. Il terzo posto va alla veterana Milva (“Aveva un cuore grande”), mentre Betty Curtis, sia pure per poco non ce la fa (“Gelosia”). Fred Bongusto si affida alla canzone estiva (“Una striscia di mare”) e gli va male, mentre Giorgio Gaber presenta l’ironica “Com’è bella la città”, ma il pubblico di Canzonissima in questa occasione ha le orecchie foderate di prosciutto.
Ultima puntata della prima fase ed ultimi botti: Al Bano scarta il successo dell’estate e va a ripescare il suo primo successo (“Io di notte”). Dietro di lui è grande lotta: il secondo posto va a Nino Ferrer che riprende l’antica “Agata”, un tango che anche grazie alla sua indubbia simpatia, va lontano (almeno fino al secondo turno…), mentre il terzo posto va per una manciata di voti a Rita Pavone, che fatica a tenersi a galla nel suo nuovo ruolo di cantante matura. Il suo brano, “Per tutta la vita”, viene trattato malissimo dalle giurie e risollevato dalle cartoline quanto basta per avere la meglio su un coriaceo Michele e sulla sua versione del celebre “Valzer delle candele”. Michele prende tanti voti ma non gli bastano per passare il turno, tuttavia andrà alla puntata di ripescaggio insieme a Carmen Villani che con il brano di Sanremo arriva quinta sì, ma miglior quinta. Disco rosso invece per Dino e la sua “Bye bye city” (inutile fare facili ironie sul titolo).
L’ottava puntata, quella del ripescaggio vede tutti i quarti classificati ricantare la canzone già presentata nella prima fase, mentre la miglior quinta, Carmen Villani, sceglie di riprendere un vecchio successo italiano (datato 1965) di Paul Anka, “La verità”. La scelta di Carmen risulterà felicissima, perché sarà lei una dei tre cantanti (insieme a Jimmy Fontana e Patty Pravo) che passeranno il turno. Tornano a casa invece Don Backy, Betty Curtis, Mino Reitano, Iva Zanicchi e Michele…   

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(Claudio Villa)


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Eh sì, "La risposta al ragazzo di via Gluck" venne presentata a "Scala Reale" nel 1966, ma nel 1968 la facciata B del 45 giri "Torpedo Blu" si chiamava "C'era una volta un Clan" ed era anch'essa dedicata a Celentano, con il quale per altro Gaber conserverà un ottimo rapporto, tanto è vero che Adriano lo inviterà nel suo show del sabato sera quando gaber, già malato, faticava a stare in piedi. Il fatto che prendesse l'aperitivo nel bar di piazza Gramsci mi conferma ancora una volta quanto sarebbe interessante se ti mettessi a scrivere le tue testimonianze dirette su questi grandi del mondo dello spettacolo.

Dario C.

23/10/2010 16:42:12


"Com'è bella la città" era senz'altro una canzone marcatamente ironica; ma, sotto traccia, a mio parere esprimeva il rapporto, profondamente simpatetico, che Gaber aveva con la SUA Milano: quella non appariscente e anticonsumistica (Gaber passeggiava per le vie del suo quartiere - il mio da ragazzo - e prendeva l'aperitivo in un bar-gelateria di p.za Gramsci, Rachelli, in zona Sempione; si teneva lontano, dunque, dalle zone alla moda. La Milano di Gaber era quella della piccola borghesia e anche del proletariato, che allora era ancora radicato in zona Cenisio e Sarpi, limitrofe alla zona Sempione. Quando lo incrociavo mentre passeggiava (io d'inverno avevo lo stesso suo cappellino alla Beatles), aveva l'aria contenta. Almeno, così è nel mio ricordo.
Gaber era comunque una voce critica, nettamente orientata a sinistra anche se allergica ai luoghi comuni della sinistra, e lo rimase sia durante il '68 sia dopo, anche quando sua moglie, Ombretta Colli, aderì entusiasticamente a Forza Italia e divenne consigliere comunale (se non ricordo male anche assessore).
Di certo Gaber era insofferente alla retorica di Celentano; infatti aveva composto e cantato la sua "Risposta al ragazzo della via Gluck" (credo che si chiamasse così, ma non sono sicuro). Intendiamoci: anche il vissuto di Celentano aveva un suo fondo di ingenua autenticità, attestata anche dal fatto che egli effettivamente abbandonò poi Milano per Garbagnate.

Sandro

22/10/2010 23:50:00


 
 

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