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10 agosto 2011

Ch’è bellu stu stillariu

di Andrea Basso Sr.


Quando si approssimava l’inizio della quindicina della Madonna Assunta, si cominciavano a vedere, in giro per il rione, le varicedde, preparate con grande cura dai vari gruppi di ragazzi.

Si prendeva una cassetta per la frutta, ovviamente vuota, e delle dimensioni desiderate, si ci inchiodavano i piedi e le quattro aste per portarla, quindi si tappezzava tutta attorno con carta azzurra. Sopra vi si collocava l’Assunta ed attorno si mettevano i lumini. Ma la cosa più importante era la scelta dello Stillariu che era determinante per la bellezza d’insieme della varicedda, ma che influiva in maniera determinante sull’insieme della spesa.

Ed i ragazzi andavano in giro per le strade del rione, al canto di “Ch’è bellu stu stillariu” e chiedendo, a volte, anche qualche soldino, per ripagarsi le spese sostenute ed anticipate dalle madri.

E mio padre organizzava il concorso rionale, premiando la varicedda più bella.

Anche noi, ogni anno, ci mettevamo a camurria per avere fatta la nostra varicedda di famiglia. E venivamo puntualmente accontentati.

Ma non potevamo portarla in giro per le strade, perché dicevano che eravamo troppo nichi, e non volevano.

Ed allora ci accontentavamo di portarla in giro per un giardinetto interno, ad uso esclusivo, in cui si accedeva da casa nostra. E per noi era il massimo. Ed andavamo girando, portandoci questa varicedda, e cantando a squarciagola:

U quindici d’austo

Si furmò ‘na parintela

E Maria port’a bannera

Pi tutta la città.


Ecc. ecc.


Chè bellu stu stllariu

Chi tiniti attornu attornu

Quannu veni lu vostru iornu

La festa ci sarà.

Ed un giorno, mentre eravamo dediti a queste pie funzioni, mia madre ci chiamò, che c’era la pasta a tavola, evento pure tanto importante, specialmente con i tempi che correvano.

Finito il lauto pranzo, corremmo subito per portare a termine le nostre funzioni, secondo una prassi consolidata e di nostra creazione.

Ma la scena che si presentò ai nostri occhi fu raccapricciante. Era successo che la varicedda era stata raggiunta dai raggi del sole, che, anche mentre noi mangiavamo, continuava inesorabilmente per la sua orbita, e la Madonna era rimasta sfigurata. Dato che allora, non essendo stata ancora inventata la plastica, era fatta di cera.

Mio fratello, che già allora aveva qualche anno più di me, assorbì facilmente il colpo, rendendosi subito conto di cosa fosse accaduto, ma io cominciai a piangere ed a gridare che mia madre non riusciva ad accordarmi in nessun modo.

E dovettero faticare pure a convincermi a guardarla, anche dopo che mio padre, non appena ritiratosi dal lavoro, di gran corsa, andò a comprare un’Assunta nuova e la sostituì a quella sfigurata.

Me lo ricordo come se fosse successo ora.

Ma ora dove sono finite le varicedde? Ed i ragazzini che fanno?

Forse vanno su internet e, nel tempo libero, si scambiano continuamente messaggini.

Come cambiano i tempi!

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