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20 dicembre 2012

Il Bue e l'Asinello, una favola di Natale - 2

di Fra' Domenico Spatola



La delusione fu generale. Tutti infatti erano convinti che avrebbero fatto una gran brutta figura con il buon Dio, per non avere saputo scegliere il meglio e il più degno da offrire, a rappresentanza di tutta la specie. Qualcuno, che si dichiarò sindacalista, alzò la voce contro il capo e, sfiduciandolo, ne ipotizzò la sostituzione. La provocazione, per fortuna, non fu raccolta dai più, e l’incidente si chiuse appena, nel silenzio più assoluto, ognuno poté ascoltare le ragioni del Leone, che, singhiozzando a scatti, poté raccontare come erano andati i fatti senza trascurare ogni pur piccolo passaggio, e, a più riprese e a sua discolpa, sottolineò che egli stesso era stato la prima e più illustre vittima. «E, tutto questo - aggiunse, non senza qualche significativo ruggito ammiccante all’indirizzo di qualcuno che sicuramente doveva capire - per la diceria che è stata messa in giro sul mio conto, quella che io mangio i bambini, i quali non possono di conseguenza non avere paura di me». Concluse, dicendo che sull’argomento l’ambasciatore celeste non volle tornare indietro, né sentire ragioni. Poi si soffermò sulle circostanze che avevano propiziato la scelta del Bue e dell’Asino. «Alla fine - disse - si ritenne questo, il ripiego necessario dell’ultimo momento».
Se la reazione di tutti alle parole di Re Leone quando raccontava la sua disavventura era composta e, a tratti, con profonda commozione fino alle lacrime, quando egli cominciò a parlare dei due candidati, invece, la rabbia, le urla, le parolacce, volarono senza pietà.
Chi ne uscì un po’ meglio fu certamente il Bue di cui si disse che, in passato, mai aveva sfigurato, sia per la bella presenza che per il suo generoso latte che fa tanto bene ai bambini; mentre contro l’Asino, ritenuto universalmente modello da non imitare in tutte le scuole del mondo, non fu la stessa cosa. «Era svogliato» dicevano, per quello che si poteva capire, dal momento che tutti gridavano come i matti. «Dimenticava tutto - aggiungevano - perché non capiva mai niente, era appunto... un asino!».
«Sarebbe stato meglio il Pappagallo - qualcuno azzardò - il quale, anche se non capisce molto, tuttavia è come un registratore in grado di riferire fedelmente a Gesù ogni loro richiesta, da quelle sindacali a quelle più umili e personali».
Come dargli torto dal momento che, a quell’epoca, il dialogo diretto mediante telefonino o SMS era impensabile. Tutto infatti andava ascoltato e riferito di presenza. Dimenticavano - aggiungiamo noi - che al Pappagallo mancava la dote più richiesta, cioè i polmoni per emettere tanta aria calda. Succede sempre che, quando si è arrabbiati, qualche cosa di fondamentale ci sfugge. Intanto, come potersi fidare dell’asino?
Mentre l’assemblea era in preda a questi rumoreggiamenti, un raglio, potente come il tuono, impose a tutti un attonito silenzio. Era proprio lui, l’Asino, che, stanco delle accuse millenarie sul suo conto, voleva finalmente riscattarsi facendo valere le sue ragioni: «Perché - esclamò a suo modo - io non sarei all’altezza di rappresentarvi? Forse che non ho orecchie abbastanza lunghe per udire o bocca abbastanza grande per parlare? Dite a me le cose che volete che io riferisca al bambinello Gesù, e fedelmente gliele ripeterò. Vedete che testa grossa posseggo così da immagazzinare come un computer tutte le vostre richieste. Fidatevi pure, e non vi pentirete. Io gli starò accanto buono buono, e, quando sua mamma dormirà, io gli sussurrerò alle orecchie ogni vostra domanda. E poi, con me, ci sarà anche l’amico Bue. Egli mi darà una mano e, dal momento che è tanto riflessivo, rimuginerà tutti i vostri ricordi per farli tornare in mente anche a me!»
A queste parole tutta l’assemblea esplose di gioia e cominciò ad applaudire. L’applauso, inizialmente timido, diventò immediatamente irrefrenabile. Frattanto bisognava che il Bue e l’Asinello si recassero al più presto nella grotta di Betlemme, perché la mezzanotte si avvicinava. Con fatica re Leone ottenne la calma, e, dopo avere invitato gli eletti nel mezzo dell’emiciclo, li incoronò “Ambasciatori di pace” a nome di tutto il Reame, incaricandoli di portare l’omaggio della gratitudine a Colui che li aveva creati.
Compito che da duemila anni il Bue e l’Asinello assolvono con somma fedeltà, e - a noi sembra - anche con grande soddisfazione.

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Il Bue e l'Asinello, una favola di Natale - 2
 

 

Questa favola ci ha condotti dietro le quinte del Regno, ove vediamo che vige una dialettica democratica migliore di quella che opera quaggiù, ma sempre attraversata da sentimenti e passioni (gli occhi rossi del leone, le imprecazioni dell'assemblea contro l'asino, ecc.). la cosa mi convince, perché se nel Regno fossimo solo ragione e non anche affettività non avremmo più nientge a che fare con la nostra dimensione umana.
L'asino in effetti nei millenni è rimasto un animale contrassegnato dal carattere positivo dell'operosità umile ed efficace, e da quello negativo della scarsa acutezza d'ingegno. Il bue, poveretto, è sempre rimasto contrassegnato dalla castrazione, e da quello - tanto - che comunque si può fare pur muovendo da un handicap iniziale.
Comunque in questo bel racconto mi pare che la simpatia dell'autore vada al leone, e su di lui si riverbera.Speriamo di leggere altri racconti di Fra' Domenico, cui auguro Buon Natale, appena passato, e un 2013 di scrittura creativa.
Sandro Mancini

Sandro

26/12/2012 12:10:58


 
 

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