E veniamo alle magnifiche 24 canzoni che hanno superato le eliminatorie, come sempre in ordine di apparizione. Divise in due serate di dodici canzoni ciascuna, sei per serata approderanno in finale. Apre la prima serata un delicato pezzo di Oscar Prudente intitolato “Rose bianche, rose gialle, i colori, le farfalle” (non sarà l’unico titolo chilometrico di questa edizione). Prudente è bravo, ma come cantante non sfonda (stavolta arriverà ultimo). Si rifarà come autore (sua anche la sigla di “Domenica sprint”!). Lo segue il siculo Tony Cucchiara con “Vola cuore mio”; primo nelle eliminatorie, primo in questa semifinale Cucchiara però non riuscirà nemmeno a piazzarsi sul podio in finale. “Vola cuore mio” però riscuoterà un buon successo. Michele invece arriva in finale per un solo voto con la spigliata “Susan dei marinai” alla stesura della quale pare abbia partecipato addirittura Fabrizio De Andrè. In effetti cos’è che Michele canta nella facciata B di codesto 45 giri? “Il testamento di Tito”… potrebbe essere una traccia… Poco da dire su Franco Tortora, cantante ormai dimenticato e la sua fin troppo classica “Il tuo sorriso”, che non ha problemi ad arpionare la finale grazie a compiacenti nonne-fans (almeno così immagino visto il tipo di canzone…). Anche la Nuova Equipe 84 festeggia la finale con “Casa mia”, introdotta da un indovinato “Dadan dadan” e guidata dal sapiente piano elettrico di Dario Baldan Bembo. Successone anche per “Il gigante e la bambina” di Rosalino, che dopo l’imberbe esordio al Festival di Sanremo 1970 non aveva più combinato granché. Qui addirittura racconta la storia di uno stupro, ma non tutti se ne accorgono … Chi invece la finale la perde per un solo punto (ormai sappiamo a vantaggio di chi) è il napoletano Tony Astarita, un veterano di questa manifestazione. “Strana malinconia” non è neanche male, un pezzo più “raffinato” (mi raccomando le virgolette!) del solito, ma con una strofa e un ritornello che musicalmente non sembrano fatti apposta per andare d’accordo. Forse meritava miglior sorte anche “Lo so che è stato amore” di Memo Remigi, mentre briosa ma nulla più è “Lola bella mia” dei Califfi (che molti pensavano avessero concluso la loro esistenza negli anni sessanta), ma ci sta che d’estate si fischiettino anche motivetti innocui come questo. Anche Al Bano manca la finale, ma anche lui sceglie la dolcezza, che però gli impedisce di dispiegare la sua leggendaria voce, e un titolo chilometrico “E il sole dorme tra le braccia della notte”. Poteva mancare anche quest’anno Orietta Berti? Certamente no, il disco per l’estate è un appuntamento che la cantante di Cavriago mancherà raramente. Della sua “Via dei ciclamini” che certo molti ricorderanno, mi viene in mente la parodia che ne fece qualche tempo dopo Loretta Goggi: “La Berti non è stupida, sa che con le marcette, di dischi se ne vendono, in grande quantità”. Ecco che l’ultimo posto disponibile per la finale è preso. Chiude penultimo infine Nino Fiore, che era comunque riuscito a superare il primo turno con la sua canzone in vernacolo “Preghiera ‘e marenaro”. Allora la canzone napoletana classica aveva ancora i suoi fans…