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21 marzo 2013

Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - 1971 - Cosa succede d’estate

di Dario Cordovana



Nessuno dei dischi provenienti dalla rassegna “Un disco per l’estate” riesce a conquistare la prima posizione della classifica dei singoli. La ragione c’è e si chiama “Pensieri e parole”. Il brano di Lucio Battisti, costruito su uno schema innovativo di due voci attribuibili alla stessa persona che si parlano, conserva il primato in classifica per ben 14 settimane consecutive, record per l’epoca.
Non che il “Discoestate” non possa vantare grandi successi. “La riva bianca, la riva nera” della Zanicchi conserva per molto tempo il secondo posto, mentre il vincitore Mino Reitano esordisce al terzo, per poi restare più stabilmente al quarto posto. Ottimi piazzamenti anche per “Sempre… sempre” di Peppino Gagliardi e “Donna felicità” dei Nuovi Angeli, a loro agio con il loro tipo di repertorio nella stagione estiva. “Casa mia” della Nuova Equipe 84 è un diesel che guadagna terreno col tempo invece di perderlo, mentre qualche apparizione tra i primi dieci fanno anche Michele con “Susan dei marinai” e, per una sola settimana persino Tony Cucchiara con “Vola cuore mio”. Più indietro entrano tra le prime venti le canzoni di Rosalino, Orietta Berti e Al Bano.
L’estate 1971 è anche il grande successo, al cinema, del film “Love Story” e della sua colonna sonora scritta da Francis Lai. Potevano i nostri cantanti farsi scappare un tema così popolare? Ecco subito la versione cantata in italiano che diventa “Grazie amore mio”. Tonnellate di melassa riversate sugli ascoltatori durante una puntata di “Senza rete” di quell’anno, quando Johnny Dorelli e Patty Pravo alternatamente si dilettano nella loro versione. Comincia uno, poi l’altro, poi tutti e due insieme, poi di nuovo uno… una cosa infinita grazie alla quale sono stati poi inventati gli sms in modo che loro potessero ringraziarsi a vicenda a loro piacimento senza tediare ulteriormente il povero pubblico.
Sempre Battisti sugli scudi per il grande successo di Mina dell’estate, “Amor mio”, ma il dominio del cantautore reatino in quell’anno è pressoché totale. Anche i brani che lui scrive per altri sono un successo sicuro e hanno anche il pregio di durare tanto in classifica. Così nel periodo tra agosto e novembre imperversano la Formula Tre (“Eppur mi son scordato di te”, con la bella introduzione alla chitarra elettrica di Alberto Radius), Bruno Lauzi (“Amore caro, amore bello”, che dopo un inizio timido in classifica a novembre arriverà in vetta) e persino i Dik Dik di “Vendo casa”, destinata a diventare un evergreen. Insomma Lucio è la classica gallina dalle uova d’oro. Entrano in classifica persino i suoi pezzi censurati (“Dio mio no”), come dire, si compra a scatola chiusa.
Ma il vero fenomeno in ascesa della fine dell’estate è “Tanta voglia di lei” dei Pooh che toglierà finalmente il primato in classifica a “Pensieri e parole” l’11 settembre. I Pooh vengono dal beat, hanno sopportato qualche cambio di formazione interno e con l’avvento del nuovo decennio si sono convertiti a un pop melodico, ben orchestrato e scritto con perizia dalla coppia Roby Facchinetti e Valerio Negrini. Quest’ultimo è ancora il batterista del gruppo, ma dopo qualche tempo lascerà il posto a Stefano D’Orazio, rimanendo però il paroliere ufficiale dei Pooh. E a lui è da attribuire una buona parte del merito del successo di queste canzoni, che raccontano storie d’amore tardo adolescenziali in modi non banali e vicini alla realtà di ogni giorno. Le belle voci di Riccardo Fogli e Dodi Battaglia fanno il resto. Peccato che il loro successo contribuirà a un filone di imitatori che scadrà quasi subito come livello, ma che ci porteremo appresso per tutto il decennio… innegabile che i vari Santo California, Bottega Dell’Arte, Giardino dei Semplici, Collage et similia prendano le mosse proprio da loro, dai Pooh. Puah…

TANTA VOGLIA DI LEI
(Pooh)



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