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19 luglio 2013

DAL VOSTRO INVIATO SPECIALE - Elvis Costello, Ray Davies e altri ..

di Dario Cordovana


Dal vostro inviato speciale

Dopo aver visto Rod Stewart, il giorno dopo eccoci a Hyde Park per un evento che si preannunciava sensazionale: tanti artisti interessanti sparsi su vari palchi, ma è indubbio che il palco principale destava più di un motivo di interesse vista la presenza in ordine di entrata della nuova stellina australiana del country-pop Gabrielle Aplin, di Elvis Costello and the Imposters, di Ray Davies, leggendario frontman dei Kinks e di Elton John con la sua band. Poi a qualche giorno dal concerto la doccia fredda: Sir Elton ha dovuto dare forfait per un attacco di appendicite. Ma l’evento non viene per questo annullato, anzi, diventa gratuito e la formazione del palco principale subisce delle modifiche con l’inserimento di due artisti previsti inizialmente su palchi meno prestigiosi.
Inizia dunque alle ore 16 Thea Gilmore, ma io arrivo quando il suo breve set di mezz’ora è ormai alla fine, quello che sento mi sembra un apprezzabile country-rock, ma il mio interesse si sposta sull’artista seguente, ovvero Nick Lowe, che negli ultimi anni ha progressivamente subito una trasformazione da rocker dedito a un genere non troppo dissimile da quell’Elvis Costello che lo seguirà di lì a poco a entertainer anni cinquanta di alto livello. Nick si presenta da solo con la chitarra acustica, ma malgrado il suo set di 45 minuti sia poco adatto ad un palco così poco intimo, riesce a tenere desto l’interesse degli spettatori, che anzi alla fine lo richiamano a gran voce, ma per motivi di tempo non è permesso sforare con dei bis. Nel suo set trovano posto nuovi classici (“Long Limbed Girl”) e vecchi successi (“Cruel To Be KInd”). C’è anche una “Peace Love And Understanding” che Elvis Costello rifarà come di consueto con grande energia, ma che conserva un certo fascino anche nella versione acustica dell’autore.
Il tempo di preparare il palco ed ecco Gabrielle Aplin, accolta in modo educato dal pubblico, ma forse ancora un po’ acerba per una simile platea. Più che i suoi pezzi ricordo le sue cover di “The Power of Love” di Frankie Goes To Hollywood e “Go Your Own Way” dei Fleetwood Mac. Visto il caldo è stato un modo piacevole per riposarsi sdraiati in attesa di quanto avverrà dopo.
Dura un’ora e venti il set di Elvis Costello and the Imposters. Basato in gran parte sui pezzi forti della prima parte della sua carriera (le varie “Alison”, “I Don’T Want To Go To Chelsea”, “Watching The Detectives”, “Oliver’s Army”, “Pump It Up”…), con qualche inserimento più recente a dire il vero non sempre scelto con mano felice. Ciò nonostante, dopo la famosa cover di “She” di Charles Aznavour, il concerto prende quota ed il cantante si dà, anche troppo, e al penultimo pezzo, la toccante “Shipbuilding” scritta ai tempi della guerra delle Falklands, succede l’imprevisto: Elvis arranca, apparentemente senza voce e il pubblico sembra rendersene conto, l’esecuzione è parecchio stiracchiata, quando alla fine Costello conclude il pezzo con un acuto a piena voce che prende tutti di sorpresa e viene salutato con un gesto di esultanza dal cantante stesso. Tutto finto allora? Non del tutto, perché la voce, seppur non in difficoltà come nel pezzo precedente, appare non completamente ristabilita anche nel brano conclusivo, che però è la splendida “I Want You” che conclude un’esibizione comunque da ricordare.
Chi ha invece evidentemente problemi di voce è Ray Davies, annunciato come uno dei grandi del rock inglese (e a pieno titolo, visto che negli anni sessanta con i suoi Kinks rivaleggiava con i grandi gruppi dell’epoca). Il gruppo tra l’altro non l’aiuta, perché si tratta di ottimi musicisti, che però aprono bocca raramente. Se pensiamo che Ray nei Kinks aveva nelle parti vocali il valido apporto del fratello Dave, è chiaro che la serata si preannuncia difficile. Fortunatamente il pubblico (persino qualche ragazzino!) conosce a memoria le varie “Sunny Afternoon”, “Dead End Street”, “All Day And All Of The Night”, e quindi alla fine ci si diverte lo stesso. Ray è bravissimo a coinvolgere il pubblico e, forte di un maggior tempo a disposizione del previsto (la sua parte di concerto deve andare avanti per un’ora e mezza, invece dell’ora e un quarto prevista inizialmente), accenna alcuni brani con la chitarra acustica, per permettere al pubblico di cantarli con lui (che insegna le parole a quei pochi che non le conoscessero), poi finito il brano lo riprende con il gruppo. E’ quello che succede ad esempio con “Waterloo Sunset” e “Days”, quest’ultimo brano eseguito dopo la leggendaria “You Really Got Me” (secondo molti il primo pezzo di hard rock inglese, datato 1964), e prima del bis finale con “Lola”, con Davies che torna sul palco con una giacca raffigurante la Union Jack, la bandiera britannica. Poi le luci si spengono e il pubblico ancora euforico si incammina verso le uscite intonando ancora il coro finale: “Lola, la la la la Lola, la la la la Lola”…

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