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5 novembre 2013

Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - Canzonissima 1971 - Semifinali

di Dario Cordovana



Era già motivo di orgoglio arrivare in semifinale e poter presentare una canzone inedita, ma una volta arrivati tra i primi dodici perché non tentare di giungere tra i magnifici otto che si giocheranno il titolo il 6 gennaio 1972?
Eh già… stavolta più che mai contano le canzoni, e allora esaminiamole iniziando dalla prima semifinale. L’esordio è del vincitore dello scorso anno e superfavorito Massimo Ranieri. Senza Morandi lo scugnizzo sembra avere tutte le carte in regola per bissare il successo dell’anno precedente. C’è molta attesa per la sua canzone. E allora com’è questa “Via del conservatorio”? E’ la storia di un ragazzo che deve abbandonare gli studi musicali perché la sua famiglia non se li può permettere. Una storia invero parecchio strappalacrime con quel “no, professore, addio!” prima di una grande apertura orchestrale con tutta un’atmosfera che riecheggia ovviamente la musica classica e le sue forme. Del resto nei turni precedenti Ranieri si era preparato il terreno con “Adagio veneziano” e “Io e te” che sembravano nascere dalla stessa “ispirazione”.
A seguire Rita Pavone con “Lasciati andare a sognare”, una canzone onesta e senza fronzoli che Rita interpreta con la maturità che ormai la contraddistingue. Dopo di lei tocca a Mino Reitano che, allegro come al solito, ci tira su con “Ciao vita mia”… che te ne vai… che fortunatamente ha anche una parte musicalmente più vivace nella seconda parte del ritornello. La canzone di Al Bano invece, “La casa dell’amore”, presenta una strofa dall’andamento inusuale condotto dal pianoforte su climi quasi blues, mentre il ritornello è nella classica tradizione italiana. Come è nella tradizione delle canzoni banesche (ma si dirà così?) l’acuto finale del cantante di Cellino San Marco.
Rosanna Fratello presenta quella che lei chiama “una ballata popolare”. Si tratta della celebre “Sono una donna non sono una santa”, storia di una ragazza che implora il suo fidanzato di tenere a bada i suoi istinti animaleschi e non possederla prima del matrimonio perché lei illibata ci deve arrivare! Una storia modernissima, insomma. Più misteriosa la canzone di Iva Zanicchi, “Coraggio e paura” che racconta tre storie in cui il protagonista agisce in un modo tale che non si capisce bene se “fu forse coraggio o forse fu paura”. L’arrangiamento delicato contribuisce alla riuscita del pezzo.
Alla fine Iva Zanicchi e Rosanna Fratello saranno premiate dal voto popolare quasi in egual misura mentre Rita Pavone resterà più distanziata. Tra gli uomini, detto del notevole exploit di Massimo Ranieri che fa quasi il doppio del totale degli altri due, alla fine per il secondo posto la spunta Mino Reitano. Niente da fare per Al Bano.
Sette giorni dopo tocca a Gigliola Cinquetti aprire le danze con “Canta bambino”, una canzone a metà strada tra le sciocchezze firmate per lei da Pace e Panzeri e qualcosa di più interessante che ancora è di là da venire. Orietta Berti invece per una volta tralascia le marcette e si affida a “Città verde”, una canzone melodica non disprezzabile, e certo non peggiore di tante canzoni di queste semifinali. A livello di autori siamo passati a Mogol-Colonnello e i risultati si vedono. Purtroppo l’atmosfera di speranza viene subito rovinata da Claudio Villa che lui sì, ha una canzone veramente inqualificabile: si chiama “La cosa più bella” ed è quella che ogni uomo offre alla propria donna e viceversa. Non bisogna essere dotati di grande fantasia per immaginare di cosa si sta parlando. E il ritornello, infernale, ripete in continuazione: “Che si dà che si dà/quando un uomo incontra una donnaaaa/ecchessidà che si dà/ogni uomo che ama lo sa”. Non aggiungo altro.
A questo punto come sarà sembrata un’oasi di purezza incontaminata la canzone di Nicola Di Bari: si chiama “Chitarra suona più piano” e… pensate un po’, è una serenata. Una cosa delicata, dolce e romantica. Come se non bastasse subito dopo per la prima e unica volta in semifinale c’è Ornella Vanoni che presenta “Il tempo d’impazzire”: “L’amore dice sempre a quelli come noi/io sono la certezza che non sbaglia mai”… parole raffinate che si sposano bene alla musica. Davvero quasi un’aliena in quel contesto. Chiude Domenico Modugno con “Dopo lei”. La canzone non è male in sé, ma non ha certo l’immediatezza di “Come hai fatto” presentata due anni prima, anche perché alcune parti non sembrano ben collegate tra loro. E così il Mimmo nazionale e la sua ex-partner della vittoria a Sanremo 1966, Gigliola Cinquetti (“Dio, come ti amo!” ricordate?) restano fuori dalla finale…   

LA COSA PIU' BELLA
(Claudio VILLA)


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