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19 dicembre 2013

RICORDANDO MANDELA

di Fra' Domenico Spatola



Nelson Mandela è tra gli ultimi “Grandi” che hanno potuto in parte stemperare le contraddizioni del XX secolo. Il Novecento infatti, pur caratterizzato da stravolgimenti tecnologici ed epocali, è stato tuttavia segnato da immani tragedie, come le due grandi Guerre e le troppe dittature di vario colore.
Provvidenzialmente non sono mancate figure gigantesche come Gandhi, Papa Giovanni XXIII, John Kennedy, De Gasperi, Madre Teresa di Calcutta e...appunto Mandela, che hanno onorato, con idee ed eroicità di vita, l’uomo e la sua dignità. Mandela, in Sud-Africa, nel 1948, si trovò a combattere “l’Apartheid”, l’ideologia con la quale una
minoranza di bianchi dominava, con arroganza, la stragrande maggioranza dei cittadini dalla pelle nera.
La lotta di rivendicazione dei diritti fondamentali del suo Popolo costò a Mandela 27 anni di duro carcere in una cella angusta e invivibile. Lo sostennero la fede e il suo ottimismo per la nobile causa che riuscì a segnalare al Mondo con ogni mezzo, Sport compreso, riconoscendo a quest’ultimo potere aggregativo.
Nel 1990, a seguito della “Caduta del Muro di Berlino” e sull’onda emotiva della libertà invocata universalmente contro tutti i regimi dittatoriali, Mandela venne scarcerato, iniziando, a settant’anni, la sua ascesa inarrestabile.
Gli verranno accreditati meritatamente il “Nobel per la pace” e l’elezione a “primo Presidente di colore” della sua Nazione e, dal nuovo “Olimpo”, con la saggezza maturata in tanti anni di lotta e d’afflizione, poté rilanciare l’idea “gandhiana” della pacificazione tra le molteplici etnie che componevano, come mosaico, la sua Gente.
Suo fu il “sogno” di Martin Luther King, quello delle “mani di ogni colore che si potessero intrecciare ad aiutarsi per affratellare gli uomini della Terra”.
Il suo Popolo e l’intera Africa piangono il “Presidente”. Barack Obama ne rivendica il magistero, additandone la vita a modello e a mito per la Storia, e tutti, in fondo al cuore, confessiamo smarrimento, perché un altro Garante della libertà “a tutti i costi” fisicamente non combatte più con noi.
Mandela, soleva affermare che “il nostro giocare in piccolo non serve al mondo”, e il suo “pensare liberamente e in grande” lo ha lasciato a
testamento nel discorso di insediamento alla presidenza della sua Nazione (1994):
“Siamo nati - disse - per risplendere come fanno i bambini. Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi”.

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Grazie Fra' Domenico per questo appassionato e da me condiviso ricordo di Mandela. Aggiungo solo che in lui si coglieva il miglior habitus del Metodista (nessuno in Italia ha ricordato la sua afferenza ecclesiale, ad eccezione di noi sparuti valdesi-metodisti), come in te si coglie quello del Francescano. I due stili convergono: scegliere con umiltà il punto di vista degli ultimi. oppressi dal gioco dell'ingiustizia, ed essere pragmatici nella ricerca degli strumenti e delle strategie d'azione.

Sandro

21/12/2013 19:59:00


 
 

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