Un pellegrinaggio a Custonaci
di Andrea Basso Sr.
Saranno state le nove meno un quarto, poco più o poco meno, quando, tanto per fare qualcosa, entro nel negozio del mio barbiere, in via Belgio, dicendo, mentre mi tolgo soprabito e coppola: “Buongiorno a tutti”, che c’era solo lui e il commesso, “Franco, tagliami i soliti cinque euro di capelli”. Che poi lui sempre sedici se ne prende, perché dice che poi mi fa lo shampoo, mi mette l’antitarme, o qualcosa di simile, e pure la lacca.
Vado per sedermi nella comoda poltrona, quando mi squilla il telefonino e sento, dall’altro lato, la voce di fra Domenico che mi fa “C’è un posto libero, se vuoi venire a Custonaci ti aspettiamo”. Dopo averci pensato alcuni brevi istanti, dissi che accettavo, che l’alternativa in programma era di starmene tutto il santo giorno dentro a sciarriarmi con il muro.
Dissi allora: “Franco, un poco di pazienza, c’è un cambio di programma, vuoldire che i sedici euro me li fotti un altro giorno”.
Giungo in Piazza Cappuccini di gran corsa, per arrivare prima che se ne pentissero, e subito mi scaraventano su un pullman gran turismo della ditta Cuffaro, che era un piacere solo a guardarlo, bravo Pippo Campisi, e mi accomodo nel posto in prima fila, che il buon frate mi aveva riservato, dice per rispetto alle mie quattro ventine e passa, ma in verità, per evitare che mi ammaraggiassi.
Ci facciamo il segno della Croce, ci mettiamo nelle mani della Madonna e dell’autista, e dopo cinque o sette minuti ci troviamo a Custonaci. Almeno tanto fu il tempo del viaggio da me percepito, in quanto, tra fisarmonica e canti, che andarono da “O sole mio” a “Bella ciao”, passando per Domenico Modugno e “Vitti ‘na crozza”, il tempo passò subito.
Non appena giunti, entriamo nel Santuario di Maria SS., patrona di Custonaci, Erice e dell’Agro Ericino, dove il nostro fra Domenico celebrò la S. Messa, con annessa omelia, sempre al suo livello. Dopo, il parroco locale ci illustrò la storia del Santuario e di tutti i miracoli fatti da quella Madonna. Quindi, ringraziammo e partimmo a razzo per il ristorante, che era dalle parti della spiaggia.
Dopo esserci abbuffati ed aver rifatto canti e suoni, in collaborazione con un gruppo di giovani di Ribera, molto simpatici, ci siamo rimessi in viaggio, per la visita al presepe vivente, che fu molto interessante e raccomando, a chi può, di andarlo a vedere. Quelle varie casette, dove vengono illustrati i vecchi mestieri, sono molto caratteristiche e ben curate, e fanno un bell’effetto, specie illuminate come erano, dato che già si era fatto buio.
Io, per onor del vero, ho potuto fare tutto il giro, grazie ad una Signora Catechista, che si prese la briga di adottarmi per quell’ora, accompagnandomi, per evitare che, a causa della mia schiena, che già si ritiene fuori servizio, prendessi qualche brutta caduta.
Il ritorno fu molto sereno, accompagnato dalle belle musiche che una Gentile Signora ci fece ascoltare, grazie ad alcuni CD che aveva portato.
Giungemmo a Piazza Cappuccini verso le nove e mezza, dopo i saluti ed i ringraziamenti di rito. A tal proposito, faccio presente che quando mi fu passato il microfono, nel caso che volessi dire anch’io qualche parola, come faccio di solito in queste occasioni, non accettai il cortese invito, solo perché, proprio in quel momento, ero occupato in un pugilato con il mio stomaco, che non ne voleva sentire di digerire le lasagne e tutto il resto, che il buon ristoratore ci aveva servito. Tutta roba buona, per carità, ma con il passare degli anni certe cose diventano più complicate.
Ed allora colgo l’occasione per salutare e ringraziare tutti gli abitanti del pullman, che sono stati molto affettuosi con me, nonché il caro fra Domenico e Pippo Campisi, che mi hanno voluto accogliere in questa allegra compagnia.
Ancora grazie.
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