A SCUOLA DI ROCK 11 - GENESIS
di Dario Cordovana
Quanti gruppi rock sono nati tra i banchi di scuola?
Sicuramente tra questi ci sono i Genesis, conosciutisi alla Charterhouse. Peter
Gabriel, cantante e flautista, una passione non troppo nascosta per il soul di
Otis Redding e Tony Banks, tastierista forte di studi classici, incontrano
Anthony Phillips, chitarrista cesellatore e Mike Rutherford, bassista e
compagno di arpeggi chitarristici del summenzionato Phillips. Il quinto sarebbe
il batterista, posto che inizialmente fatica a trovare una dimensione stabile.
Chris Stewart dura lo spazio di un paio di sfortunati singoli, John Silver
invece siederà dietro ai tamburi nel disco d'esordio, “From Genesis To
Revelation”, prodotto nel 1969 da Jonathan King per la Decca. Non un esordio
fortunato in verità. I nostri si fanno manipolare da un King che ne vuole fare
i nuovi Bee Gees. Le copie vendute sono molto poche e Silver lascia per andare
a studiare in America.
Con il nuovo John Mayhew alla batteria i cinque si accasano
l'anno dopo alla nuova promettente etichetta discografica Charisma di Tony
Stratton-Smith. Il secondo lavoro, “Trespass”, si fa notare per dei notevoli
passi avanti. Il gruppo trova uno stile personale soprattutto grazie alla vena
di Anthony Phillips che crea dei bozzetti elettro-acustici che spingono il
gruppo verso quello che tempo dopo verrà chiamato progressive rock o
semplicemente prog, ma allora il termine più usato era rock romantico, come
certi gruppi progenitori dell'epoca (Moody Blues e King Crimson in primis)
insegnavano.
Purtroppo anche questa formazione non dura. Il primo ad
abbandonare è proprio Phillips che sviluppa quella che gli inglesi chiamano
“stage fright” (paura del palcoscenico). Gabriel, Banks e Rutherford ne
approfittano per rinnovare anche il responsabile del reparto tamburi. Al posto
di Mayhew arriva il giovanissimo Phil Collins. Per trovare il nuovo chitarrista
ci vorrà qualche mese in più di tempo, ma alla fine i requisiti richiesti si
materializzeranno nella figura dell'occhialuto Steve Hackett.
Con questa formazione i Genesis registrano “Nursery Cryme”,
che li imporrà all'attenzione del pubblico belga e italiano (gli inglesi ci
arriveranno dopo a capirli). L'album contiene il classico “The Musical Box”
(che contiene parti lasciate in eredità da Anthony Phillips), ma
complessivamente mostra un gruppo ancora non del tutto amalgamato.
Più riuscito il successivo “Foxtrot” con la lunga suite
“Supper's Ready”. A questo punto i Genesis stanno facendo parlare di sé anche
grazie ai concerti, con l'istrionico Peter Gabriel che si traveste per mettere
in scena in modo più convincente i suoi testi, vere e proprie storie piene di
calembour e riferimenti colti. Il vero successo è del 1973. L'album “Selling
England By The Pound” riassume uno stile ormai maturo. Ad emergere oltre il
citato Gabriel, è Tony Banks, autore di “Firth Of Fifth” e di buona parte delle
musiche del disco. Anche gli altri però dicono la loro e Collins affronta la
sua prima prova da cantante solista con la delicata “More Fool Me”.
Nel 1974 Peter Gabriel dà fondo a tutta la sua immaginazione
per ideare la storia complessa di Rael in quello che diventerà il doppio “The
Lamb Lies Down On Broadway”. La musica, pur mantenendo le consuete
caratteristiche, esplora nuovi territori, ma qualcosa nell'armonia del
gruppo comincia a scricchiolare. Il
chitarrista Steve Hackett sente sacrificate le sue idee alla personalità degli
altri, ma dopo che la nuova ambiziosa opera è portata interamente in tour con
gli immancabili travestimenti, è proprio il cantante a lasciare, ponendo più di
un dubbio sulla sopravvivenza del gruppo.
Araba fenice che risorge dalle sue stesse ceneri, i Genesis
trovano in casa il sostituto, con il batterista Phil Collins che passa al
microfono con risultati inattesi. A lui il compito di ricantare le complesse
canzoni del predecessore, mentre alla batteria viene affiancato in concerto
dapprima da Bill Bruford e poi da Chester Thompson.
La prova del fuoco è il primo album senza Peter, “A Trick Of
The Tail”, che tende più che altro a consolidare le posizioni. Meglio fa il
successivo “Wind and Wuthering”, nel quale la musica per altro comincia ad
alleggerirsi. La serie di concerti che seguiranno porterà al doppio dal vivo
“Seconds Out”, ma poco dopo anche Steve Hackett abbandona la nave.
Ancora una volta i Genesis non procedono alla sostituzione
del fuoriuscito. Alla chitarra va il bassista Mike Rutherford, mentre dal vivo
il compito tocca a Darryl Stuermer. L'album seguente, opportunamente intitolato
“...And Then There Were Three” vede un gruppo alla ricerca di certezze.
Continua il progressivo alleggerimento dei toni, che porta all'orecchiabile
“Follow You, Follow Me”, primo conscio tentativo di creare un hit single. La
cosa per altro riuscirà meglio con il successivo “Turn It On Again”, dall'album
“Duke” che è forse l'ultimo tentativo per contentare i fan della prima ora (a
cui è diretta la lunga “Duke's Travels”) senza perdere di vista una maggiore
concisione. Per la prima volta sono presenti esplicitamente dei contributi
compositivi di Phil Collins (la banale “Misunderstanding” e l'appena più
interessante “Please Don't Ask” sulle ceneri del suo matrimonio).
La vera rivoluzione si chiama “Abacab” che presenta dei
Genesis al passo con gli anni ottanta. Tra fiati (prestati dagli Earth, Wind
and Fire) e ritmi di tutti i tipi (anche uno ska in “Me and Sarah Jane”) i
Genesis scalano le classifiche mondiali, senza aver perso la voglia di
sperimentare.
Il seguente “Genesis”, già dal titolo fa affiorare un po' di
noia e di routine, mentre “Invisible Touch” del 1986 è il punto più basso mai
toccato dal gruppo. A questo punto non si può che risalire, ma per i tre la
cosa risulterà complessa. Tra carriere soliste fortunate (Phil Collins, Mike
& The Mechanics), o mai decollate (Tony Banks), ci vorranno cinque anni per
partorire “We Can't Dance”. Più misurato del pacchiano predecessore, raggiunge
artisticamente risultati alterni, con i momenti migliori posti in apertura (“No
Son Of Mine”) e chiusura (“Fading Lights”).
Convalescenza breve ad ogni modo perchè i Genesis devono
fronteggiare l'ennesimo abbandono, stavolta del Re Mida Phil Collins. Stavolta
i pezzi da sostituire sono due, cantante e batterista. Per il primo la scelta
cade sull'ex-Stiltskin Ray Wilson, voce calda in grado di adattarsi non solo a
cantare i pezzi di Phil ma anche quelli di Peter, mentre per il secondo si
sceglie di rivolgersi a dei turnisti. L'album inciso dalla nuova formazione, il
promettente “Calling All Stations” non presenta particolari rivoluzioni ed il
suono si ricollega a quello del precedente “We Can't Dance”. Poi i Genesis
portano l'album in tour e le cose non vanno sempre bene, in diverse occasioni
il nome di Phil Collins viene scandito a gran voce, anche se in realtà Ray
Wilson non lo fa rimpiangere, ma il nuovo cantante non riesce ad entrare nei
cuori dei fans e così il gruppo si scioglie.
Nel 2007 il trio formato da Collins, Banks e Rutherford si
rimette insieme per un tour di grande successo, che però non produce materiale
nuovo. Poi i problemi alla schiena di Collins, che non riesce più a suonare la
batteria, consegnano il marchio “Genesis” agli archivi. Mike riprende il suo
lavoro con i Mechanics, Collins si fa notare per un album di cover di pezzi
della Motown, mentre Banks si dà alla musica classica con “Seven” e “Six”. Un
conto alla rovescia prima di una definitiva
pensione?
Tre dischi da avere: Trespass, Selling England By The Pound,
Abacab.
Un disco da evitare: Invisible Touch.
firth of fifth (GENESIS)
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