Il Sacristanello
di Andrea Basso Sr.
Premessa.
Si tratta di una favola per bambini dai due ai quattro anni, massimo cinque. Non oltre.
Quando vi volete addormentare il vostro pupo e non vi va di annacarlo, cantandogli una ninnananna, ed aiutandovi con il rumore ritmico dei piedi della sedia, che certamente vi addormentate voi prima di lui, potete provare a passiarlo, appoggiato sulla vostra spalla, che solertemente vi vavierà tutta, raccontandogli questa favola.
A me, alcuni lustri or sono, la raccontavano in stretta lingua madre, ma siccome oggi non vi capirebbero, dato che ai nostri figli abbiamo insegnato direttamente la lingua straniera, ve la trascrivo in italiano, per come meglio posso, con la scarsa attrezzatura che mi ritrovo, e così stiamo tutti più tranquilli.
Mi potreste chiedere come si fa a capire quale è la propria lingua madre. Semplicissimo: è quella in cui noi pensiamo. Io, tuttora, penso in siciliano, perché questo mi insegnarono, e poi, secondo il contesto in cui mi trovo, prima di aprire la bocca, mi faccio la traduzione simultanea. E sono a posto. Che poi, a Milano parlano tutti in milanese, a Venezia parlano tutti in veneziano, ma se a Palermo parli in palermitano, ti dicono subito che sei un tascio. Vacci a capire.
Fine della premessa ed inizio della favola.
C’era una volta un sacristanello che scopava la chiesa. Mentre scopava la chiesa, trovò un soldino.
- “ E che mi compro, e che mi compro? “- si diceva. - ” Se mi compro un’arancia ci debbo levare la buccia, se mi compro una mela ci debbo levare la buccia, se mi compro una pera ci debbo levare la buccia. “-
Passa e passa quello del latte.
-” Latte, latte, datemi un soldino di latte che quando finisco di scopare la chiesa me lo bevo.” -
Quando il sacristanello finì di scopare la chiesa, andò per bersi il latte, ma trovò un topolino che se lo stava bevendo tutto lui. Allora lo afferrò per la coda, ma tirandola, gli restò in mano.
Il topolino si mise a piangere, e diceva: - “ Ziu, ziu, dammi la coda. “ - - “ E tu dammi il latte. “ - - “ E tu dammi la coda “ - - “ E tu dammi il latte “ - Allora il topolino andò dal lattaio e gli disse: -” Lattaio dammi il latte, che io lo porto al sacristanello, il sacristanello mi dà la codina ed io me la metto nel mio buchettino. “ -
Ma il lattaio gli disse: -”E tu portami un poco di erba che io la faccio mangiare alle mie mucche” Allora il topolino andò dal contadino e gli disse: -” Contadino dammi l’erba, che io la porto al lattaio, il lattaio mi dà il latte, che io lo porto al sacristanello, il sacristanello mi dà la codina ed io me la metto nel mio buchettino.”-
Ma il contadino gli disse: -” E tu portami il pane, perché io l’erba me la vendo per comprarmelo.“-
Allora il topolino andò dal fornaio e gli disse: -” Fornaio dammi il pane, che io lo porto al contadino, il contadino mi dà l’erba, che io la porto al lattaio, il lattaio mi dà il latte, che io lo porto al sacristanello, il sacristanello mi dà la codina ed io me la metto nel mio buchettino. “-
Ma il fornaio gli disse: -” E tu portami la farina che io ci faccio il pane.”-
Allora il topolino andò dal mugnaio e gli disse; -” Mugnaio dammi la farina, che io la porto al fornaio, il fornaio mi dà il pane, che io lo porto al contadino, il contadino mi dà l’erba, che io la porto al lattaio, il lattaio mi dà il latte, che io lo porto al sacristanello, il sacristanello mi dà la codina ed io me la metto nel mio buchettino.”- Ma il mugnaio gli disse: -” E tu portami il grano che io ci faccio la farina.”-
Allora il topolino ritornò dal contadino e gli disse: -” Contadino dammi il grano, che io lo porto al mugnaio, il mugnaio di dà la farina, che io la porto al fornaio, il fornaio mi dà il pane, che io lo porto al contadino, il contadino mi dà l’erba, che io la porto al lattaio, il lattaio mi dà il latte, che io lo porto al sacristanello, il sacristanello mi dà la codina ed io me la metto nel mio buchettino.”-
E la favola continua su questo tono, fino a quando il pupo si sarà addormentato, e penso che, a questo punto, il sonno gli sarà calato abbastanza, portandolo beato fra le braccia di Morfeo.
Sogni d’oro.
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