Lamento su Palmyra, “la sposa del deserto”
di Fra' Domenico Spatola
Ti vidi,
Palmyra “Sposa del deserto”, nell’ormai lontano 2008. Fosti la meta finale, e a
sorpresa di un percorso catartico e in crescendo attraverso le più belle città
della Siria (Damasco, Aleppo, Apamea) trasudanti storia e ricchezza favorita da
condizione geografica di cerniera dei tre Continenti.
Oggi provo
angoscia nel vederti in pericolo per quanto sta succedendo a te e attorno a te.
Ti
raggiunsi, solo conoscendo il tuo nome. Ma quando apparisti, nell’assolato e
radioso pomeriggio, improvvisa mi ammaliasti, con le tue trame, i tuoi
colonnati, i capitelli finemente ricamati, a dispetto del tempo conservati a
messaggio per l’eternità.
Dalla sabbia
dorata e sullo sfondo del cielo tersissimo, balzasti incontro con le tue
svettanti colonne, vittoriose di racconti dei secoli e orgogliose a catturare
rugiada di infinito, per offrire, a magia, bellezze di altri mondi e d’altri
tempi. Piansi di gioia, quella volta e, a notte di stelle, mirai l’argentea luna,
complice con sua falce di struggente splendore, nel vegliare carezze sulle tue
rovine mai rassegnate dal tempo e piuttosto indomite a svelare passaggi di
mercanti di perle e portatori di resine rare, come le merci che il mondo
d‘Occidente non conosceva. Carovane in te facevano meta per loro ristoro,
passaggio obbligato per emporio di resine e ori e preziosi innumerevoli, come
cammini dell’anima senza tempo e sognanti di luce. Eri maliarda nel tuo grembo
caldo a suggerire vita, immortalata nella pietra a raccontare tue avventure e
sventure come quella che ti sovrasta e noi fa pensare con tremore.
Sei ostaggio
a ricatto di sedicente Stato islamico, “infedele” alla bellezza che “vera”
Umanità custodisce gelosa.
I tuoi
monumenti e il tempio al dio Baal-Shamin, perfetto e tetragono testimone della
millenaria preghiera incessante che l’uomo più antico elevava al divino, ora è
ridotto in macerie dall’insana follia di coloro che, con furore iconoclasta,
vogliono cancellare la memoria, come a recidere le radici dell’uomo di sempre.
Tua ferita è
della Umanità, ora più impoverita dai disumani “angeli di morte”, distruttori
del glorioso passato, e per un futuro da loro immaginato solo di macerie, a
sfregio dell’Umanità la cui somiglianza al divino solo la bellezza conserva.
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