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4 dicembre 2015

Enzi Panettì

di Andrea Basso Sr.



       Durante il ventennio,  i nomi dei vari sport vennero italianizzati. E così c’era la palla ovale, la palla a canestro, la palla a volo, il calcio, e così via.
    Ma dopo, ogni sport riprese il suo nome originale. E così rispuntò il Rugby, il Basket, il Volley. Ma il calcio non si richiamò Football, come era il suo nome originario, ma restò calcio.
     Noi ragazzi, quando fummo in età di farlo, cominciammo a giocarci, che era lo sport più economico, in quanto bastava un ampio spazio, un paio di scarpe da scassare ed un pallone. Il piazzale era facilmente reperibile, in quanto auto non ne passavano, che se ne vedeva una ogni tanto, dei militari. Le scarpe da scassare si trovavano, con grande disappunto dei nostri genitori. L’unico vero problema era il pallone. Ma, facendo una colletta, si riusciva a comprarlo.
    I ragazzi più grandi, che ci insegnarono, sommariamente,  le regole del gioco, ce le insegnarono in inglese, ovviamente adattato alla nostra lingua madre.
    E così sapemmo che, quando la palla  andava in fallo laterale,  si diceva avutu. Chiara storpiatura del termine inglese out. E si distingueva in avutu nuostru e avutu vuostru, in quanto, mancando l’arbitro, dovevamo precisarlo noi stessi.
    Il fuori gioco si chiamava ossardu, e penso che la prima parte della parola si doveva riferire al termine inglese off ma il resto non lo so,  forse da side,  mentre il fallo di mano si chiamava enzi, troppo chiaramente derivante dall’inglese hands. E se si verificava in area di rigore, diventava Enzi Panettì, dove panettì stava per penalty.
    Il calcio di punizione era detto Frichicchiu, dall’inglese Free Kick. Il calcio d’angolo  Corner, termine che ancora oggi, talvolta, viene usato.
    Il nostro campo di  calcio non è che fosse il massimo, ma ci si adattava. Era chiamato Pruaiba , dal nome di una vecchia squadra di calcio un tempo lì esistente che si chiamava “Pro Alba”. C’era, al centro, il palo di un lampione della pubblica illuminazione e bisognava stare attenti a non finirci sopra, con le conseguenze facilmente immaginabili. Però il campo illuminato per la notturna, a Palermo, non esisteva nemmeno alla “Favorita”, e ci permetteva di giocare fino a sera inoltrata. E di ciò ne andavamo fieri.
     Questo campo da un lato era più stretto, per cui era impossibile battere i calci d’angolo.  Ed allora, per convenzione tacita, ma accettata da tutti, vigeva la regola “Ogni tre corner un rigore”.
    Ma l’inconveniente maggiore di questa benedetto campo era che limitava con un campo di fichidindia, per cui, quando il pallone finiva al di la del muro, si bucava. Ed allora bisognava andare  in bicicletta in Via Divisi, fare riparare la camera d’aria, o, se i buchi erano troppi, comprarne una nuova, avendo i picciuli, e tornare al campo. Quindi uscire il copertone dentro fuori,  per eliminare  tutte le spine rimaste dentro, rigonfiare il pallone, che la pompa l’avevamo sempre appresso, e quindi riprendere il gioco.  Ma per fare queste operazioni eravamo molto pratici ed allenati, e riuscivamo a fare il tutto nel giro di quindici minuti, massimo trenta, a secondo i casi.
      I preliminari della partita consistevano principalmente nella spaiuta dei giocatori. I due capitani, che erano i giocatori considerati più bravi, a pari e dispari, si sceglievano il primo giocatore, e poi, alternativamente, tutti gli altri.
    I giocatori prescelti uscivano dal gruppo anonimo ed  andavano a mettersi dietro il loro capitano.
    Quando i giocatori erano in numero dispari, quello rimasto, che chiaramente era il più scarso, se lo spaievano i capitani, in quanto tutti dovevamo giocare.
    La posta in gioco era una aranciata in due. Ma quando eravamo scarsi a  denari, praticamente quasi sempre, a fine partita c’era acqua fresca per tutti, prelevabile gratuitamente  dalla fontanella, che,  per grazia del sindaco, che allora si chiamava podestà,  era esistente ai bordi del campo.
    Ma, malgrado tutte queste difficoltà, ci divertivamo lo stesso, e giocavamo fino a sera inoltrata, grazie al lampione di cui sopra.
    Ma i compiti per la scuola quando ce li facevamo?
    Non ricordo proprio.

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Commenti lasciati per:

Enzi Panettì
 

 

Della mia breve infanzia palermitana i miei unici ricordi calcistici sono ricollegabili all'oratorio della chiesa di San Luigi, vicino casa. Pur conservando dialetto e modi di dire della terra natia, troppo piccolo però per ricordare bene i termini locali letti nel racconto, che in buona parte scopro ora nel caratteristico dettaglio.

Maurizio

05/02/2016 22:36:20


Concordo! Quanto meno dovevano far giocare Ilicic un tempo con la Fiorentina e un tempo con noi ...

Marcello

08/01/2016 11:48:51


Certo, Sorrentino ed il capitano viola i giocatori, prima della partita, se li dovevano spairi. No tutti i bravi da un lato e tutti quelli scarsi dall'altro. Che senso ha?

ABS

08/01/2016 10:41:15


Caro Nino, u palluni lo volevano tagghiari pure a MOndello, quando giocavamo in spiaggia. In quanto ai "piedi torti" io non ero secondo a nessuno!!

Marcello (da facebook)

15/12/2015 16:11:25


Bellissimo ricordo di Andrea Basso Sr. in cui mi rispecchio. Il mio campo di gioco era piazza Dante, Giovanni Marrone aveva la visione di gioco. Mauro Bongiovanni correva già d'allora ma era "pieri tuorti" ed a me, che mi dicevano scarparo, chiamavano sempre "enzi". Ogni tanto c'era qualcuno che ci diceva: "s'un vinni iti vu tagghiu stu palluni ..." e noi: suuu ....

Nino Spagnolo (da facebook)

15/12/2015 16:09:46


Una chicca.

Rosellina Epifanio (da facebook)

15/12/2015 16:02:43


Sono del '62, e confermo l'uso, quanto meno fino ai primi anni '70, dell'espressione "enzi" :-) ... per la cronaca: io ero di quelli che restavano alla fine perchè troppo scarsi, e magari venivano piazzati in porta dove facevano meno danno :-(

Ciccio S.

06/12/2015 10:21:39


Tutto vero e non limitato al periodo di tempo raccontato dall'autore. Anch'io, che sono un po' più giovane, ricordo perfettamente mio cugino (più grande di me di 4 anni), che diceva "frichicchio" per il calcio di punizione e "enz! enz!" per il fallo di mano. Piccole varianti che testimoniano di una lingua sempre in movimento. "Ossardu" è sicuramente una storpiatura dell'inglese "offside", appunto "fuorigioco".

Dario C.

06/12/2015 10:13:28


Bello e istruttivo. rIcordo anche che con l'italianizzazione il termine cross divenne traversone, ancora oggi a volte usato. Attendiamo altri ricordi!

Claudio

05/12/2015 19:01:11


 
 

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