Storia semiseria e disordinata della canzone italiana - ottava puntata - Cantagiro ed altre gare
di Dario Cordovana
In quel periodo di boom economico e di 45 giri che si vendevano a vagonate, Sanremo non bastava più. Oggi gli artisti più affermati possono permettersi il lusso di fare un nuovo album ogni quattro anni, fare un giro di promozioni nei programmi televisivi più in vista (e se si ha dai 60 anni in su si passa invariabilmente da Pippo Baudo), e poi portare la propria nuova creazione in concerto per vedere, mica tanto di nascosto, l’effetto che fa. Negli anni sessanta il discorso era diverso: il concetto di album ancora non esisteva ed un cantante per non farsi dimenticare sfornava almeno un successo per l’inverno, uno per l’estate, uno per l’autunno e, se c’era tempo (il che voleva dire: se il brano pensato per l’inverno era stato un flop), uno anche per la primavera. C’era quindi l’esigenza di presentare in televisione questi nuovi pezzi e per questo già nei primi anni sessanta troviamo un proliferare di nuovi festival; le prime edizioni di “Canzonissima” risalgono alla fine degli anni cinquanta, poi negli anni sessanta arrivano il Cantagiro, il Festival delle Rose, “Un disco per l’estate”, la Mostra della musica leggera e il Festivalbar. Il Cantagiro, come dice il nome, era ispirato al ciclismo, con i cantanti che giravano le piazze d’Italia, entravano a contatto con il loro pubblico e venivano votati da questo (con delle palette se non ricordo male) tappa per tappa. Esso fu la consacrazione di alcuni big della canzone come Morandi e la Pavone che a quel tempo si rifiutavano di partecipare al Festival di Sanremo (la Pavone cederà nel 1969 quando la sua stella starà già declinando e Morandi addirittura nel 1972). La Mostra della musica leggera, dapprima a Venezia e poi a Riva del Garda, invece premiava quel cantante che, tra i partecipanti dell’anno precedente, aveva venduto più copie del suo disco. Il Festivalbar invece era legato ai juke-box, presenti un po’ in tutti i grossi bar e nelle migliori pizzerie della penisola, premiando il brano più “gettonato” (espressione data dal fatto che per ascoltare il brano bisognava introdurre un gettone o delle monete). La rassegna estiva “Un disco per l’estate”, che ebbe il suo periodo d’oro dal 1964 al 1975 (per dirla con le canzoni vincitrici tanto quanto passa da “Sei diventata nera” di Los Marcellos Ferial a “Amore grande amore libero” del Guardiano del Faro) aveva un regolamento un po’ più complicato: le canzoni iscritte erano una sessantina e venivano trasmesse alla radio per un paio di mesi e poi proposte in tv in quattro serate che ti lasciavano ricordi inevitabilmente un po’ confusi (però mi ricordo benissimo di un giovane Lucio Battisti che cantava “Prigioniero del mondo” nell’edizione del 1968). Poi le canzoni venivano votate dal pubblico (le votazioni erano trasmesse dalla radio) e ne rimanevano 24, o qualche volta 26 o 28 nei casi di un pari merito al ventiquattresimo posto o per salvare qualche nome eccellente classificatosi subito alle spalle di quell’ultima posizione; poi le canzoni superstiti venivano presentate in due serate televisive più una finale che decretava la canzone vincente. Ma non era finita lì:al contrario di Sanremo il pubblico aveva la possibilità di riascoltare tutte le canzoni semifinaliste per tutta l’estate alla radio in programmi denominati “Vetrina di un disco per l’estate”:insomma bisognava aspettare l’autunno per liberarsi di “Fin che la barca va”…
Los Marcellos Ferial - Sei diventata nera
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