Negli anni sessanta cantavano tutti: vecchi, grandi, giovani e piccini; queste categorie erano sempre presenti nella vita quotidiana: anche alla televisione c’era la TV per i più piccini, la TV dei ragazzi e poi cominciavano i programmi della serata (quelli per i grandi – anche se c’era “Carosello” che era seguitissimo dai bambini). Anche i bambini cantavano ed anche loro avevano un festival, un festival che ha resistito al passare degli anni e dei topigigi: lo “Zecchino d’oro”. Condotto inizialmente dal Mago Zurlì e poi dai primi anni settanta da Cino Tortorella (in pratica la stessa persona che aveva solo dismesso i panni da mago, in realtà più somiglianti a quelli di un paggio), ebbe il suo zenit proprio negli anni sessanta, con uno strascico di successo fino ai primi anni settanta. Oggi la rassegna è ancora seguitissima anche se fatica un po’ a lanciare canzoni che restino nella memoria collettiva. Invece nel suo periodo d’oro lo Zecchino riuscì a lanciare “Il pulcino ballerino”, “Volevo un gatto nero”, “Popoff”, “Il lungo, il corto e il pacioccone”, “44 gatti” (che stranamente hanno cantato anche cani e porci) e molte altre ancora; persino la bimba che lanciò la canzone “Il valzer del moscerino” nel 1968 in seguito diventò famosa interprete di canzoni. Naturalmente nel 1968 Cristina D’Avena (è di lei che stiamo parlando) aveva solo 4 anni, ma poi da adulta passò ad un repertorio più consono alla sua età e il cui esempio più fulgido rimane “La canzone dei Puffi”. E siccome lo Zecchino era un vero festival canoro dei bimbi come quello dei grandi (ma l’attenzione era tutta sulle canzoni, quindi niente divismo!), i neo-cantanti erano accompagnati da una vera orchestra, diretta dal maestro Gino Bussoli, e talvolta coadiuvati da un coretto di bambini (non dal piccolo coro dell’Antoniano diretto da Mariele Ventre, che aveva solo la funzione di ripetere le canzoni prima delle votazioni). C’era anche Peppino Mazzullo, la voce di Topo Gigio, che in qualche edizione indossava i panni dello scolaro svogliato Richetto, che apostrofava il Mago Zurlì che lo criticava urlando “Pignolo!” Gli autori delle canzoni erano a volte gli stessi che scrivevano quelle per i grandi (Gorni Kramer firmò “E ciuffete nel pozzo” dell’edizione del 1967), ma più spesso si trattava di autori specializzati nel genere come la coppia Maresca-Pagano (“Il pinguino Belisario”, “Il torero Camomillo”, “Le guardie hanno i baffi”, “La nave gelsomina Dirindirindina”, che vinse l’edizione del 1970). Infine le giurie, formate da bambini che votavano con le palette da 6 a 10, tradizione mantenutasi nel tempo. L’indipendenza delle giurie derivata da questo metodo è stata sicuramente una delle carte vincenti dello Zecchino: i grandi hanno talvolta la tendenza a premiare le canzoni che in quel momento hanno un particolare significato, con il rischio di premiare i meritevoli, ma anche qualche volta i furbi. I bambini sono al di là di questi condizionamenti: e nel 1969 premiarono una canzone vivace come “Tippy il coniglietto hippy”, alla faccia di tanti grandi che avrebbero voluto premiata “Sarà vero”, classica canzone in cui i bambini parlano come i grandi vorrebbero che parlassero e non come parlano in realtà…