Elogio alla incomunicabilità
di Antonella Riccio
Per giorni e giorni, percorrendo velocemente
sempre il medesimo tratto di strada che mi conduceva al mio luogo di lavoro,
percepivo un nonsocché che mi disturbava e mi creava disagio!
Non riuscivo a razionalizzare quale fosse
realmente la cosa che mi infastidiva: forse gli eterni “lavori in corso”, forse
ancora le sempre eterne “impalcature varie” oppure il “traffico”.
No certo, ormai tutte queste cose sono entrate
a far parte del nostro DNA talmente radicalmente da non percepirle più.
Ma allora .... cosa, cosa mai mi disturbava?
Non riuscivo proprio a capirlo!
Finalmente un giorno (avevo un po' più di
tempo), ripercorrendo la nota strada, mi sono fermata per guardarmi in giro e .... ho capito: da
qualche tempo era stata tolta la impalcatura che era servita per la
ristrutturazione della facciata di un palazzo lì vicino!
Ma (orrore!) l'edificio – un edificio d'epoca –
invece di apparire in tutta la sua magnificenza di antico palazzo restaurato
sembrava uno scherzo di carnevale di alcuni buontemponi nullafacenti: un vero e
proprio elogio alla incomunicabilità!
Certo vi parrà strano che in un momento
politico e sociale come quello che stiamo vivendo io vi proponga un quesito che
mi attanaglia da mesi, passando e ripassando davanti al palazzo oggetto di
questa mia riflessione: ma è mai possibile che nessuno – e dico nessuno – dei
soggetti che hanno partecipato alla realizzazione di tale assurdità abbia mai
sentito il bisogno di comunicare con gli altri soggetti interessati al fine di
porre in essere qualcosa di buono?
Gli amministratori dei due condomini (si, ci
sono due diversi ingressi per tale palazzo), i singoli condomini, i due
progettitsti del restauro (due certamente, altrimenti se ciò fosse opera di uno
soltanto sarebbe proprio un'offesa alla intelligenza, alla creatività e pure
alla – eventuale – ricercata e quasi
sempre “a tutti i costi voluta” originalità), gli amministratori comunali che
hanno dato le necessarie autorizzazioni e, infine, anche gli stessi operai che
hanno realizzato l'opera.
Ma, dico, è mai possibile che nessuno si sia
mai chiesto ed abbia chiesto agli altri interessati: ma perché, caspiterina, stiamo restaurando un antico e bel palazzo
facendo una facciata di ben 4 colori?
Ma la cosa ridicola è che non poteva certo
sfuggire, neppure ad un occhio distratto, che l'intero stabile ha un'unica
struttura e risponde ad un'unica esigenza estetica.
Basti notare che oltre ai due differenti colori
della facciata centrale sono state dipinte di due colori diversi anche le
cornici della facciata un beige rosato ed un beige “giallognolo” arrivando al
paradosso di colorare di queste due tonalità un unico fregio rotondo (che così
risulta metà beige rosato e metà beige giallognolo).
Chissà, forse le due fazioni (quelli della
“facciata gialla” e quelli della “facciata rosa”) ciascuna arroccata nelle sue
posizioni di “la scelta migliore è la mia” non hanno sentito il bisogno di
raggiungere un compromesso (magari la facciamo verde!) ma hanno pensato che
meglio che parlare è agire, con buona pace delle intelligenze delle persone che
guardano.......
Mi direte: ma che caspiterina te ne frega!
Ecco: è proprio questo il punto: nessuno se ne
frega di nessuno; nessuno comunica (ma veramente però!) con l'altro, si
verifica soltanto uno – stupido, quanto inutile – scambio di frasi e parole che
restano lì, ferme nel limbo del pensiero “ma che sta dicendo questo qui”, e “figurati che me ne può interessare”,
accompagnate da sorrisi falsamente accondiscendenti (e sinceramente ebeti) che
parrebbero volerti dire “ma certo che ti
sto ascoltando non vedi che sono tutto orecchi” ed invece (e tu lo sai) avviene
il contrario.
Ebbene proprio il restauro di tale palazzo è
per me il vero elogio alla incomunicabilità, il massimo della indifferenza e
del menefreghismo e – diciamolo pure – il top del cattivo gusto.
E non mi si venga a dire “al peggio non c'è
fine”!
Una disperata e disillusa “esteta”.
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