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18 aprile 2008

Va in scena Pupatella: c'è poco da scherzare!

di Marcello Basso



Girando per le strade di Palermo, in questi giorni post bellici (dopo la disfatta elettorale ...), la mia attenzione è stata attratta più volte in via Imera, dopo aver lasciato mio figlio a scuola, da un manifesto che pubblicizza la rappresentazione di una sceneggiata napoletana, presso il “prestigioso” Teatro Tenda Zappalà.
Si tratta di Pupatella - opera sceneggiata tratta dalla omonima canzone di Libero Bovio.
Da quando ho visto questo manifesto, col mio amico Pietro, abbiamo cominciato a babbiare, dalla mattina alla sera, sulla “bellezza” di questo genere musicale/teatrale, e in particolare sulla grandezza di “Pupatella” (che abbiamo accostato, per assonanza (e per sivo), alla bella canzone di Rugantino “Ciumachella”!).
Come spesso accade, partendo dal babbio, si arriva a qualcosa di più serio.
Innanzi tutto ho scoperto che Pupatella è stata la prima sceneggiata realizzata in assoluto (nel 1918); a dispetto del nostro babbio, quindi ha di già per sé un intrinseco valore culturale: ha introdotto un genere nuovo nel campo musicale.
Ho scoperto poi, riscontrando un’allarmante analogia con i tempi attuali, che, come riportato nel sito portanapoli.com (esiste!!), “la sceneggiata ... è una forma di rappresentazione teatrale economica (nel senso di poco dispendiosa) venuta alla luce nel primo dopoguerra, subito dopo la disfatta di Caporetto, quando lo Stato Italiano disgustato dagli spettacoli triviali e dalle scenette a doppio senso impose la censura e forti tasse agli spettacoli di varietà”.
E quale momento più simile ad una “Caporetto” stiamo vivendo noi, della pseudosinistra italiana (sempreché esista ancora ...) dopo la batosta elettorale del 13 aprile?
Ma analizziamo un po’ di più lo schema della sceneggiata.
La classica sceneggiata napoletana (come appunto Pupatella) unisce in una unica rappresentazione monologhi, canto, musica, ballo e recitazione, insomma una specie di varietà ante litteram.
I valori di solito rappresentati nella sceneggiata, e qui veniamo a quello che più interessa, sono (copio, paro paro dal sito citato): l’amore, la passione, la gelosia, i valori ancestrali, l’onore, il tradimento, l’adulterio, mamme morenti, il rapporto viscerale madre-figlio, giovani nullafacenti e dissennati, la vendetta, il codice d’onore, la lotta tra il buono e “ ‘o malamente”. Insomma tutti i valori (o pseudo tali) che ancora sono centrali nella società meridionale in generale, e in buona parte (diciamo il 65% dei votanti!!) nella società siciliana.
Particolare poi è il ruolo della donna nella sceneggiata: o fa la mamma, ed in questo caso ovviamente è sulla strada della santificazione, o tradisce il marito e quindi “una di quelle” che costringe il povero marito a ucciderla.
Questo è appunto quello che succede in Pupatella: lui (isso) esce dal carcere (che brava persona!) e trova la moglie (issa) che in sua assenza se l’è spassata con un altro (‘o malamente).
Cos’altro può fare un poveruomo in tali circostanze per salvare l’onore?
Lo facciamo dire al poveruomo stesso, con le immortali (?) parole della canzone Pupatella:

Dint''e ccancelle, cierti mumente,
sti mmane a morze mme só' magnáte!
I' nun capevo cchiù niente...
Dicevo: E comm'è stato
s'i' stóngo carcerato
p'essa? (Pe' te! Pe' te!)

(Viene, abballa, strígnete a me...
quanno abballe si' sempe tu...)
'O vi' ll'amico tujo ca sta tremmanno,
Pupatè'...
'O ssape ca i' te scanno
ma nun t'ajuta a te!

Facendo appello alle mie (lontane) origini napoletane e chiedendo conferma alle (più vicine) origini napoletane di Mingo, tento di tradurre:
Dietro le sbarre, certi momenti / mi sono mangiato a morsi le mani / non capivo più niente / dicevo. come è potuto accadere / se io sto in carcere / per lei (per te, per te ...) / (vieni, balla, stringiti a me ... / quando balli sei sempre tu / Lo vedi il tuo amico che sta tremando / Pupatella / sa che io ora ti ucciderò / ma non ti aiuta!
Che cosa voglio dire con questo?
Non lo so di preciso, non sono un sociologo, però ad occhio mi sembra che se vogliamo scoprire perché siamo quello che siamo, forse faremmo bene a prendere un po’ più sul serio Pupatella e non babbiarci troppo, spensieratamente come abbiamo fatto io e Pietro questa settimana.
... meno male che stasera vado al Teatro Massimo a vedere Anna Bolena, che sarà anche una specie di sceneggiata, un po’ più elevata, ma almeno la musica è migliore!!

La sceneggiata napoletana vista da Massimo Troisi


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Scusami, avevo capito male.

fara

20/04/2008 12:16:59


@Fara: ovviamente non intendevo dire che la sceneggiata fosse "figlia" della tragedia greca. Chiedevo se alcuni valori o tematiche tipiche di una società mediterranea (la famiglia, il tradimento) fossero ravvisabili oltre che nella sceneggiata anche nella tragedia greca, e quindi se un filo legasse comunque queste forme espressive.

Mingo

20/04/2008 09:54:40


ps
l'adulterio femminile, ovviamente

fara

19/04/2008 11:54:41


Mingo, la tragedia greca non c'entra niente. La sceneggiata ha una data di nascita, il 1918. La prima viene messa in scena dalla compagnia di Giuseppe D'Alessio ed è proprio Pupatella, tratta da una canzone di Libero Bovio. Più che riferimenti alla Grecia io farei riferimento alla "cultura" cattolica del popolo meridionale (ricordiamoci sempre che fino al 1860 il regno delle Due Sicilie era feudo del papa e che ad esso anche se negli ultimi due secoli in maniera simbolica, si pagava la "Chinea") mette al primo posto l'onore del maschio, inteso come onore coniugale. Non a caso ancora oggi dalla chiesa viene "assolto" l'omicidio, ma non l'adulterio

fara

19/04/2008 11:53:08


Caro Marcello, complimenti per la traduzione. Gigi D'Alessio non avrebbe potuto tradurre meglio! Certo la sceneggiata esprime al meglio quei "valori" forti tipici della società meridionale. Non so se si può azzardare un ardito parallelismo con la tragedia greca. I miei studi classici sono lontani e quindi chiedo aiuto a quelli più acculturati di me in materia (Fara dove sei?); tutto si può dire sulla sceneggiata ma non che Mario Merola non fosse un grande interprete.

Mingo

18/04/2008 20:15:22


certo che se le sceneggiate napoletane le avessero rappresentate in inglese-americano oggi sarebbero molto più quotate. Sarebbero un "cult".

fara

18/04/2008 17:28:12


 
 

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