Storia semiseria e disordinata della canzone italiana da Sanremo in poi - Prima puntata
di Dario
Il primo festival di Sanremo si svolse nel 1951. La Tv non c’era e l’evento venne trasmesso dalla radio. A presentarlo fu Nunzio Filogamo da Palermo, classe 1902, famoso attore radiofonico, divenuto ancor più celebre con l’incipit “miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate”. Ancora non si poteva pensare nel lontano ’51 che Sanremo sarebbe diventato per molti malati di mente l’evento dell’anno e che avrebbe ospitato i cantanti più prestigiosi della musica mondiale, da Domenico Modugno a Papa Winnie. Allora i cantanti erano solo tre. Tre??? Tre!!! Achille Togliani, Nilla Pizzi e il Duo Fasano, e quindi in totale erano quattro. Questi tre interpreti si dividevano le canzoni da interpretare, ed i titoli di alcune di queste canzoni fanno già capire quanta acqua sia passata sotto i ponti. Eccone alcuni: “La luna si veste d’argento”, “Al mercato di Pizzighettone”, “La cicogna distratta”. Se li sentissimo adesso penseremmo al nuovo album di Elio e Le Storie Tese… Vinse ovviamente Nilla Pizzi, nome d’arte di Adionilla Pizzi, chissà quante adionille conoscete… comunque la Pizzi arriva al suo primo festival da cantante matura; ha infatti 32 anni che per l’epoca non sono pochi. C’è un aneddoto a proposito della vittoria di Nilla Pizzi con “Grazie dei fiori”: al momento della premiazione viene chiamato a ricevere il premio il maestro Seracini, autore della canzone, ma questi non si presenta; dopo poco viene dato un annuncio dal direttore d’orchestra del festival, il maestro Cinico Angelini, che sogghignando (sogghignando l’ho aggiunto io, ma altrimenti perché si sarebbe chiamato Cinico?) svela l’arcano: “Il maestro Seracini non c’è, non verrà…ha composto questa canzone poco dopo essere diventato cieco!” Adionilla Pizzi, in arte Nilla Pizzi l’anno dopo farà incetta di premi: vincerà il primo con “Vola colomba”, il secondo con “Papaveri e papere” e il terzo con “Una donna prega”. La canzone vincitrice è tipica dei tempi: due innamorati sono separati da un confine, quello di una Trieste non ancora italiana, e la colomba non è altri che un SMS d’epoca che si incarica di comunicare all’amata che il suo amore tornerà. D’altra parte siamo nel 1952 la guerra è finita da soli sette anni e l’Italia anela ad un presente di pace. Oggi questo tipo di canzoni sarebbe assolutamente incomprensibile, specialmente con l’Europa unita e i voli low cost. Dello stesso tipo la “Vecchio scarpone” di Gino Latilla del 1953 che rimanda al tempo di guerra: “Vecchio scarpone, quanto tempo è passato, quanti ricordi fai rivivere tu…”, da cantare ovviamente a passo di marcia, prima e dopo i pasti.
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Eh, sì: il maestro Angelo Cinico la sapeva lunga!
Il povero Saverio Seracini aveva perso la vista da un occhio già nel 1944, per un glaucoma sopraggiunto in seguito ad una broncopolmonite trascurata; e la malattia si era subito estesa all'altro occhio, seppure risparmiandolo per il momento. La poca vista residua si affievoliva inesorabilmente, di grado in grado, fino ad esaurirsi, appunto, pochi mesi prima della sera in cui la sua disgrazia venne resa nota al grande pubblico. |
25/11/2007 16:22:45
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